Possibili conseguenze non previste e non volute – Un déjà-vu

Credits: NASA

Due sono gli articoli scientifici apparsi di recente che prendono questi refrigeranti e la loro interazione con l’ecosistema sotto la lente.

Il primo di essi è apparso in PNAS (Proceedings of the National Academy of Science) l´11 dicembre ed è stato ripreso da Science il 12 dicembre

In esso si afferma che nel loro processo di degradazione in atmosfera alcuni HFO sono in grado di reagire con l’ozono e dare prodotti con una vita estremamente lunga ed elevato GWP. Nell’articolo si legge: «Le nostre misurazioni mostrano che diverse idrofluoroolefine importanti a livello industriale producono CHF3 (fluoroformio, HFC-23), un potente gas serra a lunga vita. Quando questo processo viene tenuto in considerazione nelle simulazioni chimiche e di trasporto atmosferico, scopriamo che l’effetto radiativo totale di alcuni composti può essere diverse volte superiore all’effetto radiativo diretto attualmente raccomandato dall’Organizzazione meteorologica mondiale. I nostri calcoli di chimica quantistica indicano che nelle fasi iniziali dell’ozonolisi si manifesta un’ampia gamma di esotermicità, che ha una forte influenza sul rendimento del CHF3. Inoltre, identifichiamo alcune configurazioni molecolari che precludono la formazione di gas serra a lunga vita. Ciò dimostra l’importanza della quantificazione dei prodotti e della cinetica di ozonolisi nel determinare l’impatto ambientale complessivo delle emissioni di idrofluoroolefine». Riassumendo: alcuni dei nuovi composti noti come idrofluoroolefine (HFO) possono creare in atmosfera fluoroformio, un gas che ha un potenziale di riscaldamento globale 14.800 volte peggiore dell’anidride carbonica. Un nuovo caso di conseguenze non previste e non volute che si aggiunge alla possibilità che alcuni di questi refriegranti diano origine a PFAS una volta degradati nell´ ecosistema.

A conclusioni simili arriva un altro articolo pubblicato a ottobre in Environmental Science: Atmospheres, una rivista della The Royal Society of Chemistry. Studiosi australiani hanno dimostrato che „La degradazione atmosferica dell’HFO-1234ze (1,1,1,3-tetrafluoropropene), un refrigerante di quarta generazione, porta alla produzione di fluoral (CF3CHO). È stato riportato che la fotolisi del fluoral produce una piccola quantità di HFC-23 (trifluorometano o fluoroformio) come prodotto della fotolisi, con una resa quantica che dipende fortemente dalla pressione.3 L’HFC-23 è uno dei gas serra più potenti, con un potenziale di riscaldamento globale di 12.690 in 100 anni. Abbiamo condotto una modellazione a scatola atmosferica dell’HFO-1234ze su due scale e quantificato i vari percorsi di degradazione in 14 diversi scenari di modellazione. Il modello prevede che l’HFC-23 formato da questo meccanismo possa raggiungere 0,3 ppt sulla Cina (2,6 ppq a livello globale) e contribuire al 4-15% dell’aumento annuale di HFC-23 nell’atmosfera”.

Ci sono dunque alcuni segnali da parte della scienza che indicano che i nuovi refrigeranti considerati sicuri forse cosi sicuri non sono. Alla rivista Science uno degli autori dello studio pubblicato in PNAS dice: «Spero che le aziende chimiche prendano nota di questi fatti che indicano la necessità di valutare realmente il destino di queste sostanze chimiche in modo più olistico»… perché il mondo è più complesso di quel che riusciamo a immaginare.