Un filo rosso tra catena del freddo, spreco alimentare e emissioni di CO2

Secondo la FAO – l’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura delle Nazioni Unite – una quantità che varia tra il 30% e il 40% del cibo prodotto per il consumo umano è perduto prima che possa arrivare al mercato a causa di deterioramento, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.

Tale livello di inefficienza ha gravi conseguenze economiche, sociali e ambientali. Il solo cibo prodotto e non consumato causa emissioni di anidride carbonica stimate intorno alle 3,3 Gtonnes equivalenti di CO2 . In altre parole, la perdita di cibo e rifiuti sarebbero al terzo posto come emettitore di gas serra.

Lo sviluppo delle tecnologie della catena del freddo è un’opportunità per colmare il divario in materia di emissioni di perdita di cibo e di carbonio, in quanto il deterioramento potrebbe essere evitato se l’infrastruttura della refrigerazione fosse adeguata.

Poiché l’espansione della catena del freddo non avviene senza conseguenze ambientali, il Global Food Cold Chain Council – fondato nel 2014 da Carrier e United Technologies – ha commissionato un’analisi modellistica per rispondere alla domanda “C’è un beneficio netto, in termini di effetto serra (GHG), nell’espandere le catene del freddo nel mondo in via di sviluppo? ». In tutti gli scenari di modellazione, la diminuzione della perdita di cibo e rifiuti ha chiaramente controbilanciato le emissioni di anidride carbonica dovute a espansione della catena del freddo di un fattore dieci circa.

Secondo il modello, la quantità totale di spreco alimentare nel 2011 ha generato circa 1 Gtonnes di CO2 equivalente, una quantità paragonabile alle emissioni di gas serra totali del trasporto su strada nell’Unione europea (0,9 Gt). Nello studio si sono considerati diversi scenari. In uno scenario che considera un ampliamento limitato della catena del freddo nei paesi in via di sviluppo (vale a dire 1/3 del tasso di penetrazione attuale dei paesi sviluppati), i ‘risparmi’ netti di gas serra rappresenterebbero circa 180 Mtonnes di CO2 eq. In uno scenario che considera uno sviluppo il piu’ completo possibile della catena del freddo nei paesi in via di sviluppo, i “risparmi” netti rappresenterebbero circa 550 Mtonnes di CO2 eq. I modelli semplificati comprendono gli aspetti chiave dello sviluppo della catena di trasporto freddo di alimenti deperibili – vale a dire l’aumento delle distanze di trasporto, l’aumento dei fattori di emissione per i camion refrigerati (comprese le perdite di refrigerante), la riduzione dei rifiuti alimentari e dei relativi risparmi emissioni di gas serra. Il modello non considera i potenziali aumenti delle emissioni di gas serra provenienti da effetti di rimbalzo, come la possibile evoluzione del comportamento dei consumatori, le infrastrutture supplementari (strade, edifici, etc.) necessarie per lo sviluppo della catena del freddo o il potenziale aumento dell’esportazione.

LO studio completo si trova QUI