Mercati emergenti ma già fortemente autoregolamentati, dazi elevati, concorrenza di nuovi brand e di multinazionali. Operare a livello internazionale non è facile. Ma è la strategia vincente di Castelche punta a consolidare il proprio brand anche in Oriente, Medio Oriente e Oltreoceano. Ne abbiamo parlato con il direttore commerciale dell’azienda Alessandro Sertorio.
Quello dell’internazionalizzazione è un percorso difficile o spianato?
Internazionalizzare è necessario. Noi abbiamo voluto essere presenti anche nel mercato nord e sud americano; e nell’area della penisola arabica dove riteniamo ci siano grandi possibilità.
Se fino a cinque anni, in questo settore, le aziende investivano molto nelle innovazioni tecnologiche, oggi gli investimenti vanno in gran parte nell’internazionalizzazione. È da sottolineare, però, che entrare con i propri prodotti in altri paesi, anche emergenti, non è facile: perché si tratta di mercati ormai fortemente strutturati, con delle regole d’ingaggio ben precise che vanno seguite, altrimenti si rischia di tornarsene indietro con le orecchie basse e la coda fra le gambe. È un sistema complesso, fatto di concorrenza, dazi doganali elevati, autoregolamentazione. A complicare le cose, si aggiunge la mancanza di una forza istituzionale che faccia da collante tra le aziende che vogliono muoversi al di là dei confini italiani. Non dico che la presenza delle istituzioni sia garanzia di serietà, perché sono i contenuti a dare serietà, ma dico che un coordinamento potrebbe aiutare quelle imprese che si affacciano per la prima volta su altri mercati. L’ultima volta che sono stato alla Fiera di Dubai, per fare un semplice esempio, non ho potuto fare a meno di notare che le aziende tedesche erano tutte sotto un unico stand; mentre le nostre erano divise per regioni, con la conseguenza di una forte dispersione. Servirebbe poter aprire un confronto tra le aziende italiane che vogliono operare all’estero.
L’intervista completa sul numero di dicembre di Zerosottozero.