Spazio per soluzioni innovative

Circa 400 sono le aziende europee che si occupano di refrigerazione naturale: non poco per un settore relativamente piccolo. Quattrocento aziende che guidano l’innovazione a livello mondiale e che hanno portato le tecnologie non solo ad essere tecnicamente fattibili ma in molti casi ormai anche alla maturità del mercato. Lo dimostra il numero crescente di applicazioni. Cinque anni fa solo pochissimi supermercati del nord Europa usavano la CO2. Oggi si parla di applicazioni per i paesi caldi; cinque anni fa il tema degli idrocarburi per il vending era tabù negli Stati Uniti; oggi Red Bull pianifica di vendere il suo prodotto anche negli Stati Uniti solo in vending ad idrocarburi: questi solo alcuni esempi per dire: il mondo della refrigerazione sta cambiando. Anche di questo dovrebbe tener conto il legislatore nel processo di revisine del regolamento sui gas fluorurati. In una intervista rilasciata a questa rivista, pubblicata per intero nel prossimo numero di dicembre, Marc Chasserot,  managing director di Shecco, società B2B specializzata nella refrigerazione naturale, che da cinque anni organizza la conferenza ATMOsphere sui refrigeranti naturali, afferma a proposito della revisione in atto: “La riduzione graduale per me è solo un “business as usual” e non è premiante nei confronti di chi ha portato tanta innovazione nelle tecnologie della refrigerazione alternativa. Il vantaggio di un divieto è di dare un chiaro segnale temporale e direzionale all’industria, per dire manifestamente che ci sono soluzioni alternative disponibili e non è necessario perdere ulteriore tempo in fasi intermedi, poco chiare e definite. Gli orizzonti temporali di cui si parla nel caso di una riduzione graduale sono così lontani (la fine della prossima decade) quasi da non interessare molte delle persone che oggi siedono qui, che a quel tempo probabilmente non saranno nemmeno più nella loro vita professionale. Non vi è sprono o motivazione a cambiare. Se invece impongo un divieto, allora l’industria deve prepararsi sin da ora. Ovviamente i divieti devono esser fatti su base settoriale, per dare all’industria il tempo di adeguarsi, rimanendo competitiva. Ma nello stesso tempo un divieto obbliga a concentrarsi su soluzioni alternative sin da ora. E quando l’industria si concentra su un risultato da raggiungere, esso arriva”. 

 

L’articolo completo sul numero di dicembre di Zerosottozero