Refrigeranti illegali: un danno per tutti! – Un’intervista

Diego Boeri

In un comunicato stampa di aprile, EFCTC  – ha pubblicato alcuni risultati di mappatura del traffico illegale di refrigeranti in Europa, derivanti da un lavoro investigativo commissionato dal Comitato stesso alla agenzia Kroll. Tale lavoro è partito anche dalle denunce anonime raccolte nel corso del 2019 grazie alla cosiddetta “Integrity Line”, la linea di denuncia anonima attivata da EFCTC e coordinata da un ente terzo specializzato. I risultati di questa analisi aiutano a capire la complessità e le dimensioni del traffico di refrigeranti verso l’Europa e lasciano intuire come questo possa costituire un vero pericolo per la messa in atto del regolamento F-Gas e, in ultima analisi, per l’ambiente. In dialogo con Diego Boeri, Vice President Fluorochemicals di The Chemours Company, membro di EFCTC.

L’agenzia Kroll è riuscita ad individuare più vie tramite le quali i refrigeranti illegali arrivano in Europa…

Esattamente. L’agenzia ha attivato più linee investigative che hanno permesso di individuare le modalità principali con cui i refrigeranti entrano in Europa, modalità che sono complesse, molteplici e difficili da seguire. Innanzitutto, il materiale illegale può venir proposto tramite il commercio online. Questo avviene sia in bombole monouso che sono illegali in Europa – ed è forse la via più facile da individuare – ma anche in bombole multiuso, quindi legali anche in Europa e più difficili da tracciare. Vi è poi il contrabbando di transito: un container arriva da paesi terzi in Europa, richiede un documento di transito ovvero il permesso di transitare nell’Unione per andare verso altri paesi, ma non vi è un controllo che questa spedizione realmente esca dall’Unione e se vi rimane diventa illegale perché fuori quota. Quindi vi è il commercio legato all’abuso di quote: alle dogane tutt’oggi (stato: maggio 2020) non è possibile controllare in tempo reale che l’importatore abbia ancora quote a disposizione e quindi possa effettivamente importare. Infine, naturalmente, vi è il contrabbando vero e proprio che avviene laddove i confini europei sono più porosi.

È possibile fare una mappatura geografica di questi movimenti?

In parte sì. Ad esempio, incrociando i dati di produzione ed esportazione, si conoscono le quantità di HFC che partono dalla Cina e arrivano negli Stati confinanti con l’Unione. Sono quantità assolutamente non in linea con le attività di quei paesi. Quindi probabilmente quello è solo il trampolino di lancio verso l’Unione europea. O ancora: secondo Olaf – l’Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode – sono stati registrati migliaia di documenti di transito in diversi Paesi, ovvero migliaia di spedizioni che sono arrivate ufficialmente per poi ripartire. Si tratta di un numero assolutamente inusitato e comunque impossibile da controllare: quante di queste spedizioni saranno realmente uscite dall’Unione? Infine, un dato che può aiutare a fare una mappatura geografica è il paese da cui provengono le denunce anonime alla “Integrity Line”: ad esempio, delle 228 fatte nel 2019 e analizzate da Kroll, 42 derivano dall’Italia, in assoluto il paese con il maggior numero di denunce, allo stesso tempo un paese ai confini dell’Ue, fosse anche solo per via mare. Chiaramente, essendo nell’ambito dell’illegalità, l’immagine che si ottiene è opaca, ma emerge quanto diffuso e quanto variegato sia questo traffico.

Indicativamente, di che dimensioni stiamo parlando?

Uno dei primi tentativi di quantificare il traffico illegale di refrigeranti in Europa è stato proposto dalla ong EIA nel suo rapporto dal titolo “Doors wide open”.  In esso l’agenzia affermava che nel 2018 circa 16, 3 milioni di tonnellate di CO2 eq. sarebbero state immesse illegalmente sul mercato europeo. Oggi, aggiornando i dati grazie alle inspiegabili diminuzioni delle vendite dei nostri distributori e anche grazie ai risultati dell’indagine di Kroll, possiamo affermare che il valore dell’illegale in Europa si aggira tra il 20 e il 30% del valore delle quote. Si tratta di numeri enormi che chiaramente suggeriscono un traffico organizzato e un crimine organizzato dietro questi movimenti.

Un numero che mette in discussione tutte le tabelle di phase down del Regolamento F-Gas…

Esatto. Un numero che mette in discussione il valore ambientale di tutti gli sforzi che si stanno compiendo. E anche un numero che rallenta lo sviluppo e l’affermazione di soluzioni alternative. E ci tengo a sottolineare, di tutte le possibili soluzioni alternative. Per questo, quella ai refrigeranti illegali deve essere una lotta comune: va a danno di tutti, perché danneggia l’ambiente, i paesi perdono le tasse sul prodotto e le soluzioni alternative – tutte le soluzioni alternative – vengono rallentate nella loro affermazione.

Le possibili soluzioni

Il sito produttivo Chemours per HFO in Corpus Christi – Texas

La Commissione europea – DG Clima – spera che l’introduzione del sistema di “single window” possa essere reso operativo anche per i refrigeranti entro il 2020…

Questo sicuramente potrebbe aiutare a chiudere almeno una delle vie al traffico illegale e cioè il commercio di refrigeranti legato all’abuso di quota. Tale sistema “single window” permette infatti il controllo in tempo reale delle quote che ciascun importatore ha a disposizione e se queste risultano esaurite, egli non può più importare.

In Italia è stata introdotta la Banca Dati F-Gas. Credete che possa aiutare contro il traffico illegale?

La Banca Dati F-Gas è uno strumento molto valido, che però è in grado di tracciare solo i movimenti legali e non quelli illegali. Se da una parte è quindi utile a inquadrare meglio le dimensioni del fenomeno e del mercato complessivo, dall’altra non può risolvere da solo il problema delle movimentazioni fuori quota. Per fare questo occorrono altri strumenti di controllo.

Ad esempio?

Un rafforzamento del controllo alle dogane, per iniziare. La messa in atto delle normative ambientali in Europa è scarsa, c’è troppo poco controllo. Le dogane devono occuparsi di una sessantina di direttive, ma possono obiettivamente controllare al massimo il 5% dei transiti. Si capisce bene dunque che la possibilità di farla franca è altissima. Inoltre, occorre una adeguata e mirata preparazione degli agenti doganali: hanno bisogno di saper riconoscere al volo se una bombola è legale o meno; hanno bisogno degli strumenti per poter subito sapere se l’etichetta e il contenuto combaciano e non tutte le frontiere sono adeguatamente attrezzate. Approfondire la questione del traffico illegale e venire a conoscenza delle reali ed enormi difficoltà per riuscire a bloccare del materiale ambientalmente dannoso mi ha lasciato letteralmente basito, da cittadino europeo prima ancora che da uomo di Chemours.

Solo questione di controllo?

No, anche di deterrente. Con uno studio legale olandese abbiamo analizzato quali misure mettono in atto gli Stati membri come pena per il commercio illegale. Nella maggior parte dei casi vi sono multe che sono pesantemente sottostimate rispetto al guadagno che può derivare dal traffico illegale. Rendere le pene più severe sarebbe sicuramente una via da percorrere, in modo da scoraggiare l’infrazione della legge

E poi ci sono gli acquirenti…

Qui occorre sicuramente fare più comunicazione: su quali sono i rischi nell’utilizzare refrigerante illegale, sia per la salute che per macchine e ambiente; su come capire se un refrigerante possa derivare da fonti illegali; sulla necessità che tutti facciano il proprio dovere per evitare che il mercato illegale dilaghi. È fondamentale sottolineare che chi favorisce il traffico illegale, anche semplicemente come utente o non denunciando situazioni anomale, contribuisce alla distruzione della catena del valore perché l’imprenditoria illegale, in un modo o nell’altro, si ritorce sempre contro chi fa imprenditoria legale.

L’indagine continua

Continuerete con queste indagini?

Continueremo le indagini e manterremo attiva la Integrity Line. Kroll continuerà a condividere le informazioni che elabora con le relative agenzie di esecuzione ufficiali (Olaf, le dogane, etc.). Si tratta di una collaborazione che negli ultimi mesi ha portato a importanti successi, anche in Italia. E continueremo, come industria, anche a fare pressione sulle autorità perché rafforzino i controlli alle dogane e inaspriscano le pene, laddove necessario. Infine, vorremmo fare certificare le analisi sui dati di importazione che abbiamo condotto, perché divengano dati ufficiali e non di parte, in modo che siano trasparenti e a disposizione del settore e di chi deve fare rispettare la legalità del commercio dei refrigeranti. Sono convinto che queste analisi siano veramente un patrimonio del settore e per il settore. Sono inoltre convinto che l’esperienza che stiamo raccogliendo in questo campo possa servire anche per rinforzare la lotta contro altri crimini ambientali in Europa. Dietro al tema dei refrigeranti illegali c’è in realtà un tema politico più ampio, ovvero quello dei crimini ambientali e ho l’impressione che in Europa questi siano considerati un crimine di secondo grado, ma gli eventi ci mostrano che non è così, e che questa percezione non può continuare ancora a lungo.