Papa Francesco: non dimenticate le molteplici relazioni che esistono tra le cose!

Nel suo messaggio ai partecipanti alla Trentunesima Riunione delle Parti al Protocollo di Montreal sulle Sostanze che Impoveriscono lo Strato di Ozono tenutasi settimana scorsa  a Roma, Papa Francesco ha indicato il Protocollo di Montreal e i suoi vari emendamenti come “un modello di cooperazione internazionale non solo nell’ambito della protezione ambientale ma anche in quello della promozione dello sviluppo umano integrale“.

Tre le lezioni che, a modo di vedere del Pontefice, si possono trarre dai 35 anni trascorsi dall’entrata in vigore del Protocollo:

  1. il Protocollo è nato da un’ampia e feconda cooperazione tra settori differenti – la comunità scientifica, il mondo politico, gli attori economici e industriali nonché la società civile . una cooperazione che ha mostrato come si possano «ottenere importanti risultati, che al contempo rendono possibile salvaguardare il creato, promuovere lo sviluppo umano integrale e prendersi cura del bene comune, in uno spirito di solidarietà responsabile e con profonde ripercussioni positive per le generazioni presenti e future» . Il Protocollo dimostra che «la libertà umana è capace di limitare la tecnica, di orientarla, e di metterla al servizio di un altro tipo di progresso, più sano, più umano, più sociale e più integrale»
  2. La sfida culturale posta dal Protocollo non può essere affrontata solo sulla base di una tecnologia che, pretendendo «di essere l’unica soluzione dei problemi, di fatto non è in grado di vedere il mistero delle molteplici relazioni che esistono tra le cose, e per questo a volte risolve un problema creandone altri». Ciò è stato evidenziato dalla necessità di adottare, nel 2016, un nuovo Emendamento al Protocollo di Montreal, l’Emendamento di Kigali. A proposito dell’emendamento, il Pontefice afferma: «È importante che l’Emendamento di Kigali ottenga presto l’approvazione universale da parte dell’intera famiglia delle nazioni, come è avvenuto con la Convenzione di Vienna e il Protocollo di Montreal», annunciando anche l’intenzione della Santa Sede di aderire all’Emendamento di Kigali.
  3. la cura per la nostra casa comune è ancorata alla consapevolezza che “tutto è connesso”.

Si può dire che anche l’Emendamento di Kigali si appelli a tale principio, poiché rappresenta una sorta di ponte tra il problema dell’ozono e il fenomeno del riscaldamento globale, mettendo così in evidenza la loro interazione.

E ancora: «L’accelerazione continua di cambiamenti che incidono sull’umanità e sul nostro pianeta, a cui oggi si aggiunge un ritmo di vita e di lavoro più intenso, dovrebbe esortarci costantemente a domandare se gli obiettivi di tale progresso sono davvero volti al bene comune e a uno sviluppo umano sostenibile e integrale o se recano danno al nostro mondo e alla qualità di vita di gran parte dell’umanità, ora e in futuro».

Secondo il Pontefice, una risposta ponderata a questa domanda può essere data solo alla luce di una riflessione sui tre punti sui quali mi sono focalizzato:

  • dare vita vera al dialogo per il bene della responsabilità condivisa per la nostra casa comune, dialogo in cui nessuno “assolutizzi” il proprio punto di vista;
  • rendere le soluzioni tecnologiche parte di una visione più ampia che tenga conto della varietà delle relazioni esistenti;
  • strutturare le proprie decisioni sulla base del concetto centrale di quella che possiamo definire “ecologia integrale”, fondata sulla consapevolezza che “tutto è connesso”.

Infine, conclude esprimendo il desiderio e la speranza che il regime internazionale per l’ozono e anche altre lodevoli iniziative della comunità globale per la cura della nostra casa comune, possano continuare su questo cammino complesso, impegnativo, ma sempre stimolante.

QUI il discorso nella sua versione integrale.