Circa 19 milioni di apparecchi di raffreddamento e congelamento (qui di seguito: CFA) vengono scartati ogni anno in Europa. Quasi la metà di questi apparecchi contiene ancora refrigeranti e propellenti come i clorofluorocarburi (CFC), che, se rilasciati nell’ambiente, contribuiscono a distruggere lo strato di ozono e accelerano il riscaldamento globale.
Complessivamente gli apparecchi smaltiti ogni anno in Europa hanno un potenziale di riscaldamento fino a 26 milioni di tonnellate di CO2equivalenti e molte di queste tonnellate vengono rilasciate nell’atmosfera durante operazioni di smaltimento improprie.
Le ricerche di tre ong europee – Deutsche Umwelthilfe – DUH, Organizzazione europea dei cittadini per la normazione (ECOS) ed European Environmental Bureau (EEB) – mostrano l’esistenza di pratiche problematiche di gestione dei rifiuti e di pratiche disomogenee nel trattamento dei vecchi apparecchi in Europa. Questo è ovviamente dannoso per l’ambiente: un solo frigorifero con CFC può essere responsabile di emissioni fino a 2,8 tonnellate di CO2. Questo equivale alle emissioni di un’autovettura di medie dimensioni in un anno. «Anche se un frigorifero viene restituito a un punto di raccolta ufficiale, non si può essere sicuri che sia trattato correttamente in tutti i paesi dell’UE. Soprattutto in Germania, Grecia, Finlandia e Svezia, abbiamo la prova che gli standard minimi di qualità non sono soddisfatti. Questi governi devono agire ora per fermare ulteriori danni inutili al nostro pianeta» afferma il direttore esecutivo del DUH Jürgen Resch.
Le tre ONG chiedono quindi agli Stati membri dell’UE di armonizzare il trattamento dei CFA nella loro legislazione al più alto comune denominatore. Un modo semplice per farlo sarebbe quello di rendere obbligatori i requisiti delle norme europee di qualità EN 50625-2-3 e le specifiche tecniche TS 50625-3-4 nella legislazione nazionale sui rifiuti. Questi standard, ad esempio, richiedono agli operatori di trattamento di CFA di fornire un bilancio dettagliato del flusso di materiali e di dimostrare che essi soddisfino gli obiettivi minimi di recupero del 90% dei CFC contenuti.
Tale obbligo legale è già stabilito da Austria, Francia, Irlanda e Paesi Bassi, che hanno reso obbligatori i requisiti delle norme EN. «Facendo riferimento agli elevati standard di trattamento per il riciclo degli apparecchi di raffreddamento e congelamento nella legislazione e salvaguardando la loro conformità con audit affidabili, grandi quantità di emissioni di CO2 potrebbero essere risparmiate in modo semplice e senza costosi programmi di finanziamento» afferma Stéphane Arditi, Policy Manager di EEB.
Mathilde Crêpy, Program Manager di ECOS aggiunge: «Sebbene gli standard siano spesso sviluppati solo dall’industria, questi standard di trattamento sono stati elaborati con successo in stretta collaborazione con ECOS e DUH. Esortiamo ora i legislatori a utilizzare questi standard per fissare requisiti ambiziosi e giuridicamente vincolanti per la gestione degli apparecchi di raffreddamento e congelamento e per raggiungere gli obiettivi climatici dell’UE».
In Grecia, la corrispondenza con il sistema di ritiro di Appliance Recycling S.A. e gli operatori mostra che gli impianti di trattamento ricevono CFA ma non soddisfano gli audit in base agli standard. Questo è un chiaro segnale che viene recuperato meno del necessario 90% di refrigeranti e propellenti. «Il governo greco e Appliance Recycling S.A. devono interrompere immediatamente questa pratica» afferma Philipp Sommer, vice capo dell’economia circolare presso il DUH.
In Germania, i produttori di CFA – responsabili di un trattamento adeguato – forniscono agli operatori i CFA senza fornire la prova che gli operatori siano conformi agli standard EN. In molti casi, gli operatori non recuperano sufficienti quantità di CFC dal materiale di isolamento. Attualmente, il governo tedesco sta pianificando misure di azione, ma richiederanno 5 anni per essere efficace. Infine: «Abbiamo prove del fatto che diversi impianti di trattamento finlandesi trattino i CFA in trituratori aperti. Abbiamo informato le autorità di questa violazione della legge europea, ma per il momento queste pratiche inaccettabili continuano» aggiunge Sommer.
Questi trattamenti scorretti di CFA rappresentano una minaccia per gli obiettivi europei di protezione del clima: le ONG invitano gli Stati membri dell’UE a utilizzare i requisiti delle norme europee per il trattamento dei vecchi CFA nella legislazione nazionale come già fatto in paesi come l’Austria, Irlanda o Paesi Bassi.
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