Risto Ciconkov è stato per anni professore alla università di Skopje (Macedonia) nella facoltá di ingegneria meccanica. Ricordiamo qui che egli è anche l’ideatore e promotore della conferenza che si tiene in Macedonia ogni due anni sulla refrigerazione ad ammoniaca e CO2. È andato in pensione nel 2017, dopo una vita passata ad occuparsi di refrigerazione. In una lettera alla redazione di International Journal of Refrigeration e pubblicata sulla rivista a dicembre 2017, egli descrive la sua vita professionale come “sempre sotto la pressione e il dilemma di un cambio di refrigerante”. Ha vissuto direttamente tutti i passaggi degli ultimi decenni: dai CFC agli HCFC, quindi agli HFC e ora phase down degli HFC ad alto GWP; ha partecipato con contributi scientifici alla discussione e da sempre sostiene che l’unica soluzione a lungo termine sostenibile sia quella della refrigerazione naturale.
A ripercorrere la storia, effettivamente, diventa difficile dargli torto: nei passaggi da una classe di refrigeranti all’altra, nessuna delle soluzioni scelte si è mai rivelata a lungo termine sostenibile. Anzi, alcune sono durate il tempo di un battito di ciglia. Dal 1987, anno di entrata in vigore del Protocollo di Montreal e inizio della eliminazione degli CFC, trent’anni son passati e il settore, attraverso le varie tappe, sta ancora discutendo dello stesso problema: quale refrigerante usare?
Non solo. Se calcoliamo i tempi di durata dell’emendamento di Kigali, che
per i paesi in via di sviluppo si concluderà nel 2047, alla fine saranno sessanta gli anni risultati necessari per dare una risposta definitiva alla questione. Ammesso e non concesso che la storia non continui allo stesso modo per gli HFO! Il tutto con grande dispendio di tempo, idee, soldi, perché – come il Professore fa notare – anche amministrare la raccolta e analisi di dati di emissioni, esportazioni, importazioni e disponibilità di quote – e oggi aggiungiamo: provare a limitare il traffico illegale di refrigeranti – richiede molto tempo, molti sforzi e molto denaro.
Come mai non si è mai arrivati a una risposta soddisfacentemente lunga alla domanda che refrigerante usare? Secondo Ciconkov, perché l’approccio è sempre stato parziale. Invece di considerare indicatori di una effettiva sostenibilità a 360°, si sono sempre cercate soluzioni in grado di rispondere al “problema di turno” – prima l’ozono, poi l’effetto serra – concentrandosi sempre e solo su un parametro e sottovalutando come ciascuna soluzione sia stata la radice del problema seguente. A maggior ragione – scrive Ciconkov – questo è stato un errore, laddove sono ormai note alternative che non riserverebbero sorprese dal punto di vista ambientale, pur assolvendo a molti dei compiti richiesti: i refrigeranti naturali.
Certo – continua l’Autore – vi sono alcuni limiti di cui anche queste soluzioni soffrono: tossicità, infiammabilità, limiti nella compatibilità con alcuni materiali, limiti nella competenza dei tecnici, maggiori costi di investimento iniziale (per ora). Sicuramente è necessario affrontare questi aspetti, stabilendo fondi per la diffusione del training, per la ricerca e lo sviluppo. Si tratterebbe di convogliare le numerose risorse altrimenti spese in soluzioni a breve vita in questa altra direzione, cosa che oggi non avviene con la necessaria convinzione e disponibilità. Da qui l’invito convinto di Ciconkov: iniziare a sostenere in maniera decisa il phase in delle uniche soluzioni a lungo termine per una refrigerazione sostenibile.
QUI il contributo in questione.