COP21: AiCARR, ci sono condizioni per accordo sul clima

Ma Italia si presenti con una strategia condivisa e di lungo periodo

Ci sono tutte le premesse per assistere a Parigi a un accordo storico sul clima. L’Europa ha deciso di ridurre entro il 2030 del 40% le emissioni climalteranti rispetto al 1990, cosa non da poco soprattutto se suffragata da un impegno a ridurre dell’80-95% le emissioni al 2050. Anche gli Usa hanno annunciato un taglio del 28% delle emissioni al 2025 rispetto al 2005, e poco importa se nel 2005 le emissioni erano più elevate del 14% rispetto al 1990. Infatti l’importanza della decisione Usa è soprattutto nel suo impegno nei negoziati internazionali. La Cina utilizza il contenimento delle proprie emissioni per proporre una radicale trasformazione della sua economia caratterizzata da un disaccoppiamento emissioni/Pil”. Lo dichiara Livio de Santoli, presidente di AiCARR, Associazione italiana Condizionamento dell’Aria, Riscaldamento, Refrigerazione.

Per quello che concerne il ruolo dell’Italia, de Santoli aggiunge: “Le proposte sono timide e non rientrano in una strategia complessiva. La nostra soddisfazione si risolve con gli ecobonus nel patto di stabilità, ed è tutto. Il percorso della de-carbonizzazione anche in Italia deve seguire una pianificazione che al momento non è neppure accennata, sebbene esista al riguardo più di uno studio programmatico. Non è Legambiente, infatti, ma Enea a fornire scenari al 2050 caratterizzati da un deciso utilizzo di fonti rinnovabili (fino al 90% di Fer sul fabbisogno elettrico) e da un incremento dell’efficienza energetica, che porterebbe alla riduzione dei consumi primari tra il 30% e il 40% rispetto al 2010, con una diminuzione fra il 50% e il 60% dell’intensità energetica (il rapporto tra energia impiegata e Pil) e un maggior ricorso all’elettricità come vettore anche negli usi finali dell’energia. Ci presentiamo all’appuntamento sul nostro futuro come uno scolaro svogliato e distratto. Un atteggiamento sbagliato, che potrebbe mostrare la vera caratteristica del Summit, quella di palesare un pericoloso scollamento tra le decisioni delle Parti e la gente. Se condiviso anche in minima parte, questo atteggiamento ci consegnerà il vero risultato di Parigi: un drammatico e catastrofico flop“.