Conservare il cervello al freddo per poi “risvegliarlo” intatto: è una frontiera scientifica che pareva non poter essere raggiunta. Invece, la scoperta messa a segno dall’équipe di ricercatori della Fudan University di Shanghai potrebbe cambiare notevolmente gli scenari.
Gli scienziati dell’ateneo cinese sono riusciti a rianimare con successo un cervello umano congelato da 18 mesi.
Il team guidato da Shao Zhicheng, professore presso l’Institute For Translational Brain, ha creato un metodo di crioconservazione, soprannominato MEDY, che preserva l’integrità strutturale e la funzionalità delle cellule neurali, consentendo la conservazione di vari tessuti cerebrali e campioni di cervello umano.
Occorre considerare che sono estremamente elevati i costi umani e finanziari causati dalle malattie cerebrali. Oltre il 90% dei nuovi farmaci candidati per terapie riguardanti malattie cerebrali falliscono durante le sperimentazioni cliniche. Uno dei motivi principali è la sfida di trasferire nuovi farmaci dai modelli animali agli esseri umani. Il tessuto cerebrale umano fresco e vitale con caratteristiche patologiche naturali rappresenta il modello più affidabile per studiare le malattie neurali. Tuttavia, data la limitata accessibilità e manipolabilità, la crioconservazione e la ricostruzione del tessuto cerebrale vivente con specifiche caratteristiche patologiche restano estremamente difficili, in quanto è arduo garantire la sopravvivenza di grandi quantità di neuroni funzionali.
Il metodo di crioconservazione messo a punto da Zhicheng e dal suo team è composto da metilcellulosa, glicole etilenico, dimetilsolfossido e lo strumento biochimico inibitore Y27632 (denominato MEDY) per la crioconservazione di grandi organoidi corticali coltivati a lungo termine senza interrompere la popolazione delle cellule neurali, la citoarchitettura (ovvero, lo studio della della corteccia cerebrale del cervello) o l’attività funzionale. Inoltre, il metodo di crioconservazione messo a punto potrebbe essere utilizzato per la crioconservazione del tessuto cerebrale umano, mantenendo le caratteristiche patologiche. In sintesi, così è possibile mantenere il tessuto cerebrale vivente per promuovere la ricerca di base, le applicazioni mediche e lo screening dei farmaci.