Semiconduttori: il nuovo oro?

Christian Ellwein (Foto: NürnbergMesse / Heiko Stahl)

La domanda è lecita, viste le difficoltà di approvvigionamento di questi componenti, fondamentali dovunque vi sia dell’elettronica. A porla è Christian Ellwein – KRIWAN Industrie-Elektronik GmbH – intervenuto al tradizionale convegno Asercom/Epee durante la giornata di congressi che si è tenuta il giorno prima di Chillventa, a Norimberga. Un convegno dal titolo autoesplicativo: “Time for Change”.

Nella sua presentazione Ellwein ha avuto il merito di far guardare il pubblico dietro le quinte della attuale carenza di semiconduttori per capire da cosa sia stata causata e quali complessi fenomeni la influenzino.

La difficoltà di approvvigionamento di semiconduttori nasce all’alba della pandemia Covid, quando l’industria automobilistica cancella una buona parte degli ordini di componenti. I maggiori produttori di microcontrollori, situati quasi tutti in Asia, bloccano dunque la produzione. Al contempo, la chiusura di molti paesi e numerosi porti crea difficoltà di trasporti. Sia la logistica che una grossa parte della produzione si interrompono. La pandemia continua, l’automotive tradizionale non si riprende, mentre aumentano le richieste di apparecchi IT per il lavoro (home office) e per l’intrattenimento e semiconduttori per la mobilità elettrica che, a differenza di quella tradizionale, continua la sua corsa. Le aziende produttrici riprendono la produzione ma riportare l’attività a livelli pre-covid richiede tempo, non sempre è possibile adeguare le produzioni a settori diversi da quelli iniziali perché’ si tratta di una produzione altamente specializzata. E comunque rimangono oggettive difficoltà logistiche.

Ma non finisce qui. Quando a poco a poco sembra che i mercati si riprendano, scoppia la guerra in Ucraina. Il ruolo giocato da questo evento nella produzione dei microcontrollori è un buon esempio della complessità delle catene di produzione e soprattutto dell’inimmaginabile interdipendenza oggi tra i più disparati settori economici: una gran parte dell’elio usato nella tecnologia laser per la litografia dei semiconduttori deriva dalle acciaierie russe, viene purificato in Ucraina e utilizzato in Asia dai produttori di microcontrollori. E così, allo scoppio della guerra, in Asia vi possono essere problemi nell’utilizzo dei laser per mancanza di elio. È la globalizzazione, bellezza!

Attualmente, ogni anno vengono prodotti 1 miliardo di miliardi di semiconduttori ma i produttori oggi sono pochi e ancora meno quelli che possono produrre semiconduttori di elevata qualità, per intenderci del livello del M1 di Apple. Tra questi: TSMC e UMC (Taiwan), Intel (USA), Samsung (Sud Corea). «Al contrario – afferma Ellwein – molto spesso il nostro settore usa semiconduttori meno costosi e non sussiste tra i produttori un primario interesse a produrli».

Due soluzioni, dunque, rimangono al settore: o stoccare semiconduttori o affidarsi al mercato spot, dove regna però insicurezza dei quantitativi e soprattutto prezzi elevati.

A rendere più complessa la situazione, intervengono anche alcuni fattori geopolitici. L’economia cinese è fortemente dipendente dalle importazioni di semiconduttori di elevata qualità (processo 5-7 nm) perché la produzione nazionale per ora soddisfa solo il fabbisogno di semiconduttori con processo a 14nm, quindi meno potenti ed efficienti.

Negli anni a venire tutte le maggiori potenze economiche mondiali hanno previsto enormi investimenti nella produzione di semiconduttori: l’Europa pianifica di investire 40 miliardi €, gli USA 52 miliardi €, la Cina 179 e la Corea 100. Ma portare a regime realmente la produzione richiederà un certo tempo. Oggi la maggior parte dei produttori dei semiconduttori di alto livello si trovano tra Taiwan e Sud Corea e – afferma Ellwein, se dovesse scoppiare una guerra tra Cina e Taiwan, la situazione per l’economia mondiale sarebbe catastrofica.

Quale il messaggio chiave di questa presentazione? Afferma Ellwein: «Fino a poco tempo fa l’industria dei semiconduttori faceva da segnale per l’andamento dell’industria. Se essa andava bene si prospettavano tempi di crescita, altrimenti di stagnazione. Non so se sia ancora così, perché troppe cose sono cambiate in poco tempo. Ma se così fosse, dobbiamo aspettarci un momento di stagnazione in un futuro prossimo ovvero tra il primo e il secondo trimestre del 2023. Come prepararsi? Mi sento di consigliare  a tutti di lavorare  a stretto contatto lungo la supply chain e scambiare informazioni sulle previsioni o sulle richieste spesso e il più rapidamente possibile. Dobbiamo adattarci ai cambiamenti della domanda il più rapidamente possibile e saper prevedere diventa più importante che mai».