Carenza di CO2 alimentare non costituisce problema per il settore del freddo

Le pagine dei giornali nazionali hanno riportato a inizio luglio una carenza di CO2 per l’industria delle bevande gassate, partendo dalla denuncia di Acqua Sant’Anna che in conseguenza di ciò ha dovuto fermare la produzione dei suoi prodotti gassati. Sempre secondo quanto riportato da diverse fonti, tale carenza sarebbe da attribuire ai prezzi alti del gas e dell’energia, causati anche dalla contingente situazione della guerra in Ucraina. Questi aumenti avrebbero spinto le aziende produttrici di CO2 a fermare gli impianti.

Un mercato atipico

Ma andiamo con ordine.  Chi sono le aziende produttrici di CO2? Quello della CO2 è un mercato atipico. Pur trattandosi di un gas fondamentale per molti settori strategici – dall’alimentare al farmaceutico alla refrigerazione – la CO2 viene prodotta essenzialmente come sottoprodotto di altri processi, primi fra tutti quelli per la produzione di fertilizzanti a base di ammoniaca. Quindi, se si verificano disturbi o fermi in questi altri settori, la produzione di CO2 ne viene influenzata come conseguenza.

Gli impianti di produzione di fertilizzanti funzionano secondo un calendario regolare che dipende dalla stagione di semina. In genere, gli agricoltori non applicano fertilizzanti in estate, ma lo fanno in primavera o autunno. Quindi, molti impianti chiudono per periodi di manutenzione in aprile, maggio e giugno, dopo aver prodotto quanto richiesto dagli ordinativi. Quest’anno l’aumento dei prezzi del gas naturale ha fatto lievitare i costi di produzione dell’ammoniaca e dei fertilizzanti, pur rimanendo però intatti i prezzi dei prodotti finali, per cui gli impianti non hanno fretta di riaprire, prolungando lo stato di fermo. Tuttavia, altre fonti affermano chein Europa, la situazione evolve regolarmente, ma nel complesso alcuni impianti di CO2 sono in modalità di riavvio, il che dovrebbe consentire progressivamente una maggiore fornitura del gas” con solo qualche giorno di ritardo.

Va anche detto che la produzione della CO2 è contingentata. Ovvero gli ordini dell’anno in corso avvengono alla fine dell’anno precedente e la produzione viene aggiustata di conseguenza. Quindi, quando la stagione delle bollicine è nel suo pieno, le produzioni e le consegne di CO2 sono ormai state effettuate e, se gli impianti sono chiusi per manutenzione, è difficile poter rispondere a necessità di CO2 fuori contingente che magari derivano da vendite di bevande superiori al previsto.

La carenza di CO2, dunque, non è solo da riportare all’aumento dei prezzi del gas e dell’energia. Sebbene questi giochino sicuramente un importante ruolo – qui come, per altro, anche in molti altri settori – vi è anche il tradizionale fermo degli impianti per manutenzione e un probabile superamento dei consumi previsti a causa della stagione particolarmente calda.

Questo potrebbe trovare una conferma nel fatto che nelle ultime estati – a partire dal 2018 circa, era COVID esclusa – si è ciclicamente assistito a una carenza di CO2 nel periodo estivo, anche senza guerra in corso.   Chiaramente, poiché il problema negli ultimi anni si presenta ciclicamente, forse si potrebbe pensare ad alternative nella produzione o nella contingentazione. È bene però sottolineare che la carenza di CO2 non è un problema tecnico e non è solo un problema di costi dell’energia quanto anche di gestione e contingentazione della produzione. E non riguarda tutta Europa. 

E l’R744?

La domanda chiave per noi è: questa carenza riguarda anche il settore della refrigerazione ovvero l’R744? I canali di produzione dell’R744 si sovrappongono a quelli della CO2 per altri settori e anche per R744 oggi si tende a produrre un gas con una purezza molto elevata, vicino a quella alimentare. Ma, secondo fonti di mercato, l’R744 rappresenta circa lo 0,4-0,5% della produzione totale e quindi non pesa in modo rilevante sulla richiesta di CO2, cosa che facilita l’assolvimento delle richieste dei clienti. Detto ciò, abbiamo chiesto a importanti produttori, fornitori e utilizzatori di R744 sul mercato italiano se avessero problemi di produzione e/o approvvigionamento di R744 e in tutti i casi la risposta è stata negativa: non è stata registrata carenza di R744 e tutti gli ordini dei clienti possono essere evasi.

Processo di upgradind del biogas a biometano (Credits: http://www.performwater2030.it/)

Men che meno il problema lo ha chi ha trovato il modo di produrre “in casa” la CO2 senza dipendere da terzi. Ad esempio, chi lo produce dall’upgrade del biogas da FORSU a biometano perché gli impianti a biogas non si fermano e la FORSU si produce sempre. Così anche la CO2 che deriva dal processo. Tra l’altro: il CIB – Consorzio Italiano Biogas sottolinea come anche le aziende agricole che producono biogas e biometano possono essere una soluzione alla eventuale carenza di CO2 e diventare fornitrici esse stesse del prezioso gas.

Una cosa, però, è stata notata da alcuni dei produttori di CO2 che ZeroSottoZero ha contattato: un importante aumento nelle richieste di R744 derivanti soprattutto dall’aumento di impianti nella refrigerazione commerciale, aumento che non ci si aspettava in questa dimensione. Tanto che importanti produttori come SIAD si stanno organizzando per implementare le risorse da dedicare a questo mercato in costante e rapida crescita.