Il piano REPowerEU e le conseguenze per la refrigerazione

In un comunicato stampa della Commissione si legge che “la nuova realtà geopolitica e del mercato dell’energia” – in altre parole, la guerra dietro l’angolo – impone all’Unione di accelerare drasticamente la transizione verso l’indipendenza energetica e verso la diversificazione delle fonti, soprattutto di gas.

Dal punto di vista energetico davvero l’Europa è un gigante con i piedi d’argilla. Secondo Eurostat, nel 2019 (prima della pandemia) la dipendenza energetica dell’UE superava il 60%. Il petrolio rimane ancora la fonte energetica principale seguito dal gas. La buona notizia è che nel 2019 le energie rinnovabili e i biocarburanti erano la terza fonte energetica più importante nella UE.

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Esprimendo il tutto in percentuali, si riduce un poco l’entusiasmo perché le rinnovabili costituiscono “solo” il 15% dell’energia lorda disponibile nella UE con il fossile che costituisce invece di gran lunga la parte del leone:  gas al 22,4% e petrolio al 36%.

Da dove vengono le fonti fossili europee?

Uno sguardo a Eurostat dice quanto segue:

IMPORTAZIONI di gas

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IMPORTAZIONI di petrolio

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IMPORTAZIONI di combustibili solidi

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In Europa, la dipendenza energetica da approvvigionamenti da paesi terzi varia da Stato a Stato, con l’Italia tra i paesi con li valori più elevati.

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Per fare fronte a questa fragilità strutturale la Commissione europea proporrà entro fine maggio il piano REPowerEU per definire un percorso per raggiungere l’obiettivo di indipendenza e diversificazione delle fonti energetiche, in particolare del gas.

Secondo questo piano si aumenterà la produzione europea di biometano e idrogeno verde, si aumenterà l’elettrificazione e la quota di produzione da energia rinnovabile.

Cosa potrebbe significare questo per la refrigerazione?

Più gas rinnovabile: più R744 rinnovabile

Tra le vie per diversificare gli approvvigionamenti di gas si indica anche un aumento ella produzione di biometano che passerebbe dai già previsti 17 miliardi di m3 a 35 miliardi entro il 2030. Il biometano è una fonte energetica rinnovabile e programmabile che si produce da biomasse agricole (colture dedicate, sottoprodotti delle lavorazioni agroalimentari e reflui zootecnici) o dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU). Dalla digestione anaerobica di queste biomasse si ottiene il biogas grezzo che è una miscela di CO2 (44% circa), biometano (55% circa) e alcune impurità quali H2S. Tramite un processo noto come upgrade, il biometano viene separato dalla CO2, entrambi vengono purificati da eventuali impurità e quindi utilizzati. Il biometano così prodotto viene immesso nella rete del gas ed è in tutto e per tutto identico al gas fossile, eccetto che per l’origine.  Esso permette di rispondere agli obiettivi di riduzione delle emissioni sfruttando le reti gas esistenti e promuovendo un modello economico fondato su sostenibilità e circolarità nell’utilizzo delle risorse.

Cosa succede, invece, con la CO2 derivata dall’upgrade del biogas a biometano? Le caratteristiche di questa CO2 sono ottimali: secondo alcuni studi scientifici ed esperienze sul campo, essa raggiunge una purezza del 99% in volume ed è chimicamente e microbiologicamente adatta non solo per l’industria alimentare del Beverage ma anche per essere usata come refrigerante R744. Uno studio pubblicato recentemente sulla rivista Energy & Environmental Science riporta che la produzione di biogas in un impianto di trattamento FORSU nel nord Italia con una capacità digestiva di 400.000 tonnellate di biomassa/anno può trattare 6259 m3/h di biogas. Poiché di questi il 44% circa è CO2 ci si rende conto allora delle potenzialità di produzione che un metodo simile ha in sé, anche per la produzione di refrigerante. Lo stesso studio afferma che “una valutazione degli aspetti economici ed energetici e un confronto con processi depurativi alternativi evidenzia la redditività del processo”, e chiude molto elegantemente e virtuosamente il ciclo delle risorse producendo refrigerante da materia di scarto. Naturale al 100%.

Più idrogeno? Anche per il trasporto refrigerato

Per diversificare le fonti REPowerEu mira anche a incrementare la produzione e l’utilizzo di idrogeno.  Già con l’attuale programma Fit for 55 l’UE mira a produrre 5,6 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile entro il 2030. Con REPowerEu si parla di aggiungere 15 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile entro il 2030 a quelli gia previsti e con questa quantità sarà possibile sostituire annualmente 25-50 miliardi di m3 di gas importato.

Anche il trasporto refrigerato potrebbe usufruire di una maggiore diffusione dell’idrogeno. Già ora vi sono progetti per l’utilizzo di celle a combustibile in questo settore. Ad esempio, il progetto FresH2, lanciato da Bosch e Carrier Transicold in collaborazione con il costruttore di mezzi refrigerati Lamberet e con STEF, uno specialista europeo nella distribuzione di alimenti a temperatura controllata.  FresH2 è composto da una cella a combustibile alimentata a idrogeno e da un’unità elettrica che converte la corrente continua generata dalla cella nella corrente alternata necessaria per far funzionare l’unità di refrigerazione. L’innovazione consiste nel collegamento diretto della cella a combustibile all’unità di refrigerazione, che elimina la necessità di un ingombrante e costoso sistema di batterie tampone di bordo.

FresH2 è un’alternativa silenziosa e pulita per fornire energia alle unità di refrigerazione a bordo di semirimorchi per il trasporto su strada a temperatura controllata. L’obiettivo finale di Bosch con questa innovazione è costruire una soluzione chiavi in ​​mano economica che possa essere installata in qualsiasi tipo di semirimorchio frigorifero, nuovo o usato, e contribuire così su larga scala all’obiettivo di neutralità climatica dell’accordo di Parigi per il settore dei trasporti.

Piani molto concreti per il trasporto refrigerato “ad idrogeno” anche in Occitania dove con il progetto Corridor H2, un progetto di sviluppo dell’economia dell’idrogeno unico in Europa, si prevede di distribuire entro il 2023 20 unità refrigerate adattate (il motore originale del veicolo sostituito con celle a combustibile a idrogeno), 40 rimorchi refrigerati, 40 autocarri con motore H2.

ELETTRIFICARE l’EUROPA significa anche aumentare le POMPE DI CALORE 

Per affrancarsi più rapidamente dalla dipendenza dai combustibili fossili, occorre elettrificare anche il settore del raffreddamento e riscaldamento, diffondendo maggiormente le pompe di calore, in concomitanza con un aumento della produzione elettrica rinnovabile da sole e vento. Con le proposte del pacchetto “Fit For 55” si prevede che le capacità fotovoltaiche ed eoliche dell’UE raddoppino entro il 2025 e triplichino entro il 2030, generando un risparmio di 170 miliardi di m3 di gas sul consumo annuo entro il 2030.

Se si intensifica la diffusione dei sistemi solari fotovoltaici sui tetti fino a produrre 15 TWh quest’anno l’UE potrebbe risparmiare ulteriori 2,5 miliardi di m³ di gas.

Raddoppiando il ritmo annuale pianificato d’installazione delle pompe di calore, gli apparecchi installati nell’UE nei prossimi cinque diverrebbero 10 milioni, il che equivarrebbe a un risparmio di gas pari a 12 miliardi di mogni 10 milioni di pompe di calore domestiche installate. Per accelerare la commercializzazione delle pompe di calore occorrerà potenziare rapidamente l’intera filiera e introdurre misure volte a promuovere le ristrutturazioni edilizie e la modernizzazione dei sistemi di teleriscaldamento.