Qui sopra vi è la tabella mostrata da Armin Hafner, professore alla Norwegian University of Science and Technology NTNU di Trondheim, alla fine della sua presentazione sulle tendenze di sviluppo tecnologico nel settore della refrigerazione naturale, tenutasi ieri nella prima giornata della 11esima edizione di ATMOsphere Europe, la tradizionale conferenza sui refrigeranti naturali.
Essa riassume schematicamente lo stato dell’arte delle soluzioni tecnologiche con refrigeranti naturali più innovative disponibili e affermate oggi sul mercato, già in funzione e corroborate da studi e analisi di funzionamento. La tabella dice, in sostanza, che non esiste oggi applicazione del freddo che non trovi una risposta nella refrigerazione naturale e – sottolinea Hafner – quelle presentate non sono soluzioni allo stadio pilota ma soluzioni già in funzione, che oggi sappiamo e possiamo costruire, consegnare e fare funzionare.
«Non ci sono più barriere tecnologiche per sostituire i refrigeranti sintetici con refrigeranti naturali in nessun settore del freddo e a nessun livello di temperatura. Si tratta più di riuscire a vedere la possibilità di farlo».
Certo, l ’epoca della soluzione unica per tutto è finita, ma questo è un destino di molti altri settori, dalla agricoltura alla produzione di energia rinnovabile. E anche nel settore del freddo vale: nessun singolo refrigerante può essere una risposta per tutte le applicazioni. Tuttavia – afferma Hafner – il gruppo dei refrigeranti naturali può coprire tutte le applicazioni che oggi sono risolte con HFC e addirittura possono andare oltre perché nessun refrigerante sintetico può coprire un intervallo di temperatura così ampio come possono farlo i refrigeranti naturali: «Nessun refrigerante fluorurato può andare a temperature tanto basse o tanto alte quanto i refrigeranti naturali. I fluorurati coprono solo le temperature nel mezzo, la parte più profittevole dal punto di vista economico».
Ma vi è dell’altro ovvero la necessità di considerare i refrigeranti in una visione più olistica che vada oltre il loro valore di GWP, un atteggiamento questo che alla conferenza da più parti viene più volte sottolineato e non può davvero più essere ignorato. E nel caso dei refrigeranti di ultima generazione questo aspetto comporta la considerazione del loro decadimento in atmosfera che origina molecole altamente persistenti o PFAS o sostanze perfluoroalchiliche. Queste tendono ad accumularsi nelle acque superficiali determinando innanzitutto fenomeni di acidificazione. Tra esse si annovera anche il TFA – acido trifluoroacetico – un PFAS prodotto dalla degradazione atmosferica di HFO 1234yf e HFC-134a. Afferma Hafner: «Relativamente all’inquinamento da PFAS sulla terra, il settore della refrigerazione ha oggi la possibilità di favorire una completa eliminazione degli HFC che contribuiscono all’accumulo di PFAS senza compromettere la sicurezza, l’approvvigionamento alimentare e il confort umano». In sostanza: il settore del freddo ha la possibilità di scegliere un passaggio a soluzioni davvero sostenibili ed evitare nuove problematiche in futuro.