L’attuale regolamento sui gas fluorurati UE 517/2014, in vigore dal 1° gennaio 2015, che sostituisce il regolamento originale sui gas fluorurati adottato nel 2006, ha introdotto cambiamenti di vasta portata nel settore del freddo. In particolare:
- limita la quantità totale dei più importanti gas fluorurati che possono essere venduti nell’UE dal 2015 in poi e li riduce gradualmente fino a un quinto delle vendite del 2014 nel 2030;
- vieta l’uso di gas fluorurati in molti nuovi tipi di apparecchiature in cui sono ampiamente disponibili alternative meno dannose;
- previene le emissioni di gas fluorurati dalle apparecchiature esistenti richiedendo controlli, assistenza adeguata e recupero dei gas al termine del loro ciclo di vita.
Come anche previsto dal Regolamento stesso, la Commissione lo sta attualmente riesaminando. Questa revisione ne valuterà l’efficacia, la pertinenza, l’efficienza, la coerenza e il valore aggiunto dell’UE. La revisione analizzerà anche le opzioni politiche per migliorare il regolamento in futuro, in vista di:
- Green Deal europeo e legge europea sul clima
- recenti obblighi internazionali sugli idrofluorocarburi (HFC) ai sensi del protocollo di Montreal
- progressi compiuti e lezioni apprese.
Questa revisione comprende una serie di attività tra cui anche consultazioni pubbliche per raccogliere riscontri e opinioni da un’ampia gamma di soggetti interessati, dalle autorità pubbliche alle industrie, alle associazioni di imprese, alle imprese, alle organizzazioni della società civile, al mondo accademico e ai singoli cittadini. L’ultima di queste consultazioni si è conclusa il 29 dicembre 2020 e al momento della stesura di questo testo non se ne conoscono ancora i risultati. Nel frattempo, ZeroSottoZero ha interpellato alcune delle maggiori associazioni italiane del settore del freddo, chiedendo loro di esprimere un parere sul regolamento F-Gas, sui risultati ottenuti fino ad ora ed eventuali proposte di cambiamento. A questi link le risposte di CNA e Assocold. Qui di seguito, invece, le risposte di Assofrigoristi. Risponde Marco Masini, Direttore Operativo Assofrigoristi.
Quali sono i “desiderata” del vostro settore per la “nuova” F-Gas?
Per ciò che riguarda i settori coinvolti nell’operatività dei soci Assofrigoristi, vale a dire la refrigerazione e la climatizzazione, le attese sono quelle di una presa d’atto della necessità di operare secondo criteri di riduzione dell’impatto ambientale nella direzione dell’intero ciclo di vita dei nostri sistemi. Ciò comporta una visione che non sia rivolta al solo impatto diretto dei gas refrigeranti quando emessi in atmosfera, ma anche delle emissioni associate alla produzione ed ai consumi delle apparecchiature e degli impianti, nell’ottica di una vera “economia circolare”. Occorre poi un chiarimento e un allineamento tra la direttiva rifiuti e il regolamento F-gas: le differenze nella definizione e nei contenuti di ri-uso, riciclo e rigenerazione, oltre che la mancanza del così detto end-of-waste per il ri-prodotto, sta penalizzando e confondendo gli attori principali del mercato. Suggeriamo di considerare non solo il GWP dei refrigeranti ma il valore di TEWI (Total Equivalent Warming Impact), un indice che considera, a parità di apparecchiatura/impianto, l’impatto complessivo nel ciclo di vita, dove normalmente contano molto di più i dieci/quindici anni di operatività (fino all’80% del totale), dove i tecnici frigoristi sono protagonisti, che la produzione o lo smaltimento. Già oggi esistono studi autorevoli in tal senso che offrono al mercato i risultati di analisi dove anche i refrigeranti meno pericolosi, si pensi agli A2L, si dimostrano efficaci. Il tema dell’ancora scarsa formazione e preparazione è fondamentale: la sicurezza dei lavoratori e dell’ambiente non può essere messo a repentaglio da scelte che non incrocino questa esigenza con i criteri della nuova F-Gas, se non considerando tutta la vita dei refrigeranti negli impianti. I refrigeranti naturali sono una opzione perché gli investimenti in tecnologie legate al loro utilizzo, normalmente, prevedono una progettazione molto più attenta al recupero e ai cascami energetici che non era previsto in passato. Se applicassimo tali criteri e attenzioni ad impianti con refrigeranti “tradizionali” (dove i gas, per definizione, non dovrebbero uscire dal circuito frigorifero e dove anche qui l’efficienza energetica fosse ritenuta importante) il vantaggio per la sicurezza e ambientale sarebbe di grande riguardo.
Cosa ritenete che vada cambiato/aggiunto/eliminato?
Nel Regolamento attuale si dovrebbe intervenire sul meccanismo delle quote e sulle qualifiche e qualità degli impianti e dei tecnici. Se la “misura” della bontà del settore e della filiera la si pone in un’ottica di “economia circolare”, gli investimenti nella produzione / importazione di refrigeranti non dovrebbero esser penalizzati se non nella misura di un divieto da porre per prodotti e/o molecole specifiche (di cui si dovrebbero occupare i regolamenti Reach), ma:
- indicando un limite in GWP per la riduzione delle emissioni alla fonte, un grande investimento (fondi) per i controlli sulle apparecchiature ed impianti in esercizio (sanzionando, correttamente, i proprietari/operatori che non si attengono ai controlli ed alla scelta di aziende e tecnici qualificati secondo le norme di riferimento EN378 ed EN13313);
- aumentando l’attenzione sulla qualità e la certificazione energetica e di sicurezza degli impianti (PED), e spingendo i Paesi Membri ad investimenti in sorveglianza e sostegno alla formazione.
- Ponendo il tema della “similarità” tra diversi refrigeranti in ottica TEWI, sulla base di una impiantistica equivalente.
Solo in tal modo si preserverebbero, realmente, l’ambiente, la sicurezza e l’economia!
Siete soddisfatti del regolamento e dei suoi risultati fino ad oggi?
Se guardiamo al nostro Paese, la risposta non è positiva. Sin dal precedente regolamento (Reg. 842/2006) si son sempre confusi gli obblighi dei proprietari delle apparecchiature/impianti con quelli dei frigoristi, creando confusione ed un incredibile capovolgimento dei ruoli. Il regolamento F-Gas pone in capo ai detentori delle apparecchiature ogni sorta di obbligo per chi deve responsabilmente occuparsi – come imprenditore e datore di lavoro – delle attrezzature in suo possesso, includendo tutti gli oneri di controllo che ne derivano. Invece, una comunicazione istituzionale e attraverso i media distorta e mal supportata da istituzioni, associazioni ed enti poco preparati, ha piegato quegli obblighi verso i frigoristi, ottenendo, così, ben due grandi distorsioni: la prima, lasciar credere agli “operatori “ (nel senso F-Gas, cioè i proprietari delle apparecchiature/impianti) che i problemi del controllo e del contenimento delle emissioni siano obblighi dei frigoristi; la seconda, lasciando a quell’approssimazione istituzionale (che nemmeno ha capito che la certificazione F-Gas è solamente una abilitazione alla manipolazione) il compito di spiegare inopportunamente le regole, lasciando pensare che l’ F-Gas sia tutto il mondo dell’impiantistica frigorifera, ma lasciando i problemi di sicurezza e della certificazione delle competenze in un angolo. Per non parlare poi del rapporto tra istituzioni. Oggi, a due anni dall’introduzione del decreto attuativo italiano (DPR 146/18), che ha recepito le certificazioni e la formazione del registro on-line (la Banca Dati) nel nostro ordinamento, possiamo raccontare che MATTM, Camera di Commercio (a cui fu affidato il compito di creare la Banca Dati), ISPRA e ACCREDIA non formarono mai un tavolo tecnico comune per allineare gli intenti e gli strumenti, così che oggi ci troviamo una grande confusione nelle definizioni, una massa di dati confusi o inutili comunicati alla Banca Dati e un settore che si è solamente preoccupato di emettere certificazioni, non di far crescere la cultura e le competenze. Tutto questo non consente di capire se le emissioni (al di là della riduzione di quelle potenziali, per i dati delle quote monitorati a livello europeo) in Italia si siano ridotte. Ad esempio, la spinta alla riduzione del GWP determinata dal phase-out, ha comportato un gran lavoro nel cosiddetto retrofit. Peccato che, come ci hanno riportato molti soci, tutti quei refrigeranti ad alto GWP che si andavano a sostituire finivano deliberatamente in ambiente per ridurre i costi di gestione o smaltimento! La migliore sicurezza per l’ambiente è un tecnico frigorista consapevole, eticamente attrezzato e ben preparato, non un refrigerante a basso GWP.
Quali le maggiori difficoltà che avete evidenziato per il Vostro settore?
Come abbiamo indicato, la maggior difficoltà è stata far comprendere che gli obblighi di contenimento e riduzione delle emissioni sono dei proprietari delle attrezzature/impianti. Per questi, se questo fosse stato l’accento dato all’applicazione del regolamento, la scelta dei migliori tecnici frigoristi sarebbe stata naturale e avremmo drasticamente ridotto le emissioni. Vi sono poi i problemi collegati alla mancata sorveglianza del mercato che pur in presenza di un ottimo “decreto sanzioni” (il D.Lgs 163/2029), in assenza di controlli a valle, presso gli impianti, non consente di porre attenzione alla qualità del lavoro di installazione e manutenzione. Assofrigoristi, con il nuovo CCNL Frigoristi, si è posta il tema dell’etica, della formazione di competenze e della necessità di stabilire con i clienti una relazione seria, che traguardi ai temi ambientali e di sicurezza insieme a loro per il benessere delle persone e la sostenibilità di tutta la filiera, e su questo fronte la “battaglia” è solo all’inizio!
FINE
ZeroSottoZero ringrazia Marco Masini e Assofrigoristi per la gentile disponibilità