Covid-19, il punto della situazione internazionale. Von Der Leyen: l’emergenza può durare ancora mesi

Non si ferma l’emergenza coronavirus con il numero dei contagi che nel mondo ha ormai superato quota 1,8 milioni mentre il tragico bilancio dei morti continua a correre, di giorno in giorno, superando, nella giornata di Pasqua, quota 110 mila. E mentre in Europa si registrano il maggior numero di vittime, con 75mila decessi e gli Stati Uniti sfiorano i 21mila morti, dalla Gran Bretagna arriva la notizia che il premier Boris Jonhson, che una settimana fa era stato ricoverato in terapia intensiva, è stato dimesso dall’ospedale.

Dall’Ue la presidente Ursula Von Der Leyen mette in guardia sul rischio che l’emergenza duri ancora per molti mesi, sottolineando che per gli anziani l’isolamento potrebbe durate fino a Natale. Intanto resta alto l’allarme dall’altra parte dell’oceano. Negli Stati Uniti si sfiorano ormai i 21 mila morti, con un aumento di quasi 2 mila in un giorno.

«So che alcuni paesi stanno già preparando la transizione per abbandonare le restrizioni al confinamento. Come tutti gli altri, desideriamo che le restrizioni vengano revocate. Allo stesso tempo, revocare le restrizioni troppo rapidamente potrebbe portare a un focolaio mortale» ha detto il direttore dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus venerdì, durante una conferenza stampa virtuale a Ginevra.

«La scorsa settimana abbiamo assistito ad un benvenuto rallentamento dell’epidemia in Italia, Spagna, Germania e Francia. La discesa può essere pericolosa quanto la salita se non gestita correttamente». L’OMS consiglia quindi i Paesi colpiti di elaborare strategie per elevare le misure di contenimento in modo progressivo e sicuro. Per questo, devono essere soddisfatte sei condizioni:«che il numero di contagi sia sotto controllo, che siano disponibili servizi sanitari sufficienti, che siano ridotti al minimo i rischi negli ambienti più esposti, che siano messe in atto misure preventive sul lavoro, nelle scuole e in altri luoghi frequentati, che si controlli il rischio di casi importati e che le comunità coinvolte siano pienamente consapevoli e coinvolte nella transizione».