Soluzioni a lungo termine per il clima. Un’intervista

 

Menno van der Hoff

I cambiamenti a cui obbligatoriamente sta andando incontro il settore del freddo sono l’occasione per ripensare determinati comportamenti che fino ad oggi erano scontati e per imboccare vie più sostenibili verso soluzioni realmente a lungo termine. In dialogo con Menno van der Hoff, consulente per il settore delle pompe di calore con decenni di esperienza alle spalle che sono sfociati anche nello sviluppo della tecnologia TripleAqua, una pompa di calore naturale ad aria o ad acqua con solo 3 tubi dell’acqua per riscaldare e raffrescare gli edifici, con funzione di batteria termica integrata.

Signor van der Hoff, come vede l’evoluzione del settore del freddo oggi verso nuovi refrigeranti?

Nel corso della mia carriera professionale ho vissuto ormai tutti i cambiamenti di refrigerante che hanno caratterizzato questo settore, dagli anni Novanta ad oggi, dai CFC agli HFO. Già quattro volte l’industria ha affermato di aver trovato la soluzione definitiva al problema di turno. E poi? Poi sono saltati fuori problemi ambientali che prima non conoscevamo e che ci hanno obbligato a trovare altre soluzioni. Oggi vedo ripetersi la stessa situazione. Gli HFC, apparentemente sicurissimi, sono parte in causa del riscaldamento globale e vanno sostituiti. La nuova proposta sintetica pare risolvere ogni problema attuale, ma come sarà tra dieci anni? Il mio timore è di rivivere le stesse situazioni precedenti: un cambio obbligato a causa di un nuovo problema ambientale. Per questo, personalmente, sono convinto che i refrigeranti naturali siano veramente la soluzione più sicura dal punto di vista ambientale e, quindi, legislativo.

Ma non una soluzione universale…

Perché no? Sia nella refrigerazione che nel condizionamento d’aria le soluzioni naturali hanno una risposta. E non sto parlando solo di CO2, idrocarburi e ammoniaca. Parlo anche di aria ed acqua che, a mio modo di vedere, sono due refrigeranti un poco sottovalutati. Inoltre, pensiamo ai passi da giganti che solo nell’ultimo decennio hanno fatto queste tecnologie. Vuole dirmi che in qualche anno non ci saranno stati sviluppi tali da ampliare il loro raggio d’azione e renderle ancora più appetibili sotto tutti gli aspetti?

Nel mondo del condizionamento vi sono molte remore ad usare refrigeranti che portano con sé rischi di tossicità e infiammabilità…

È assolutamente comprensibile. Ed effettivamente, in molti casi, queste loro caratteristiche creano diffidenza nella tecnologia. Ma è anche vero che il nostro quotidiano è costellato da sostanze infiammabili o tossiche o addirittura esplosive, con cui abbiamo imparato a convivere e che abbiamo imparato a gestire in sicurezza. Si pensi alle macchine a GPL, ad esempio, con il loro carico di diversi litri di combustibile (che nel caso del GPL è 60% propano). La questione, dunque, non è tanto che questi refrigeranti siano infiammabili o tossici, ma che c’è grande necessità di imparare a gestirli correttamente e in sicurezza. Il training mirato ai professionisti della refrigerazione su queste tecnologie è una delle necessità secondo me più impellenti del settore oggi. È il training che va accelerato, non il refrigerante che va eliminato. Tra l’altro, si tratta di fare formazione solo su alcuni aspetti nuovi – la gestione del refrigerante, il design degli impianti e la loro sicurezza. Non si tratta di rivoluzionare le competenze del settore. Rimaniamo pur sempre nel campo della compressione di vapore, i principi non cambiano, la fisica è sempre la stessa. Ogni tanto ho l’impressione che questi mutamenti, a cui il settore del freddo sta andando incontro, siano un po’ troppo enfatizzati. Ci sono settori diversi dal nostro che hanno subito vere e proprie rivoluzioni, trasformazioni che ne hanno completamente stravolto la struttura. E sono sopravvissuti e si sono rafforzati, adeguandosi al cambiamento. Forse, dovremmo demistificare un poco questo momento e semplicemente intensificare ulteriormente gli sforzi per soluzioni indubbiamente a lungo termine.

Refrigerante ed efficienza energetica: quale la relazione?

Il refrigerante è sicuramente un componente che determina l’efficienza del sistema, ma non è l’unico. L’efficienza di un sistema è il risultato di una serie di scelte di design, integrazione, utilizzo di fonte energetica ed infine anche refrigerante. Certo, ci sono tecnologie più efficienti di altre, indipendentemente dal refrigerante e su quelle dovremmo puntare. Una di esse è indubbiamente quella delle pompe di calore. È una tecnologia su cui io lavoro da oltre trent’anni e di cui sono “innamorato” per l’efficienza enorme che permette di raggiungere. Se poi si utilizzano refrigeranti naturali e energie rinnovabili per farle funzionare, direi che siamo quasi alla quadratura del cerchio del dilemma del nostro tempo.

Che sarebbe?

Che sarebbe che le unità in circolazione aumentano, i consumi aumentano, la popolazione aumenta, ma deve diminuire il consumo energetico e l’emissione di CO2  da esso derivante. È un cerchio difficile da quadrare (come tutti i cerchi, probabilmente) ma che con le giuste tecnologie, le giuste fonti energetiche e, perché no, il giusto refrigerante, potrebbe invece lasciarsi quadrare.

Quindi, ripartiamo dalle pompe di calore?

E dall’efficienza energetica negli edifici, che è un settore con enormi potenzialità. Lo sa che il riscaldamento e raffrescamento degli edifici è una delle fonti maggiori di emissioni di CO2? Il problema è che spesso gli investitori non sono i progettisti e nemmeno chi usufruirà degli edifici. E gli investitori considerano parametri diversi da quelli considerati da progettisti o dai fruitori. C’è dunque un grande conflitto di interessi, che non sempre sfocia in una scelta di sostenibilità. Qui occorre un grande lavoro di comunicazione per far sí che tutta la nuova edilizia si sposti verso soluzioni energeticamente più favorevoli. Occorre creare consapevolezza sull’importanza di soluzioni veramente a lungo termine. Noi, il settore europeo delle pompe di calore, abbiamo questo obbligo nei confronti della nostra società.