Si è tenuto settimana scorsa a Milano il XVII Convegno Europeo organizzato dal Centro Studi Galileo sulle tecnologie della refrigerazione e del condizionamento. Rappresentanti da paesi europei ed extra europei si sono ritrovati per discutere sulle nuove tecnologie e delle novità legislative per il settore del freddo. Sotto i riflettori: la questione della scelta dei refrigeranti, l’emendamento di Kigali al protocollo di Montreal e l’influenza che esso avrà sul settore e non da ultimo le tecnologie che permettono di produrre freddo con fonti rinnovabili.
Nel suo intervento iniziale Jim Curlin – United Nations Environment – ha sottolineato come l’importanza del Protocollo di Montreal sia stata anche quella di dimostrare come la collaborazione globale possa fare raggiungere risultati molto rilevanti. Lo stesso si vuole fare ora con l’emendamento di Kigali. La riduzione degli HFC deve avvenire con il contributo di tutti: industria, associazioni, tecnici. La preparazione dei tecnici è cruciale affinché le nuove tecnologie a basso GWP possano veramente affermarsi. La diffusione della corretta informazione è fondamentale per poter fare le scelte giuste. Un aneddoto raccontato da Didier Coulomb, direttore dell’Istituto internazionale del Freddo di Parigi è esemplificativo per capire come l’informazione giusta abbia ancora molto spazio per circolare: «Sono Stato in Perù e lì persino in ambienti universitari si afferma che gli HFC sono refrigeranti ecologici!».
I paesi in via di sviluppo devono allinearsi mentalmente con il loro nuovo compito post Kigali: non più solo eliminazione degli HCFC ma anche riduzione degli HFC. A proposito di HFC, Jim Curlin cita i risultati preliminari di una analisi di mercato condotta dal Fondo Multilaterale per l’Ambiente sull’uso di HFC nei paesi in via di sviluppo: ad oggi sono circa 16 gli HFC che vengono utilizzati puri e sono una trentina invece i blend in uso. Cinque i refrigeranti maggiormente utilizzati: R134a, R410A, R404A R407C e R507. Il consumo è soprattutto per le applicazioni RAC; il 10% viene utilizzato per le schiume.
Il settore RAC è chiaramente in fermento e promette di essere ben lungi dall’aver esaurito la spinta innovativa per rispondere alle richieste del legislatore. Rimane fondamentale mantener il dialogo tra associazioni, industria e legislatore affinché questa spinta innovativa, che si richiede, rimanga una opportunità e non divenga impossibilità. In questo senso più che mai vale: l’unione fa la forza!