L’Università di Siena disegna una nuova mappa mondiale delle emissioni di gas serra

Otto miliardi di tonnellate di CO2 sono “incorporate” nel commercio internazionale, cioè sono il risultato della produzione di beni che vengono poi commerciati in altri Paesi, come avviene ad esempio in tutti i casi di delocalizzazione della produzione dai paesi sviluppati ai paesi in via di sviluppo. È quanto mostra una nuova ricerca scientifica pubblicata sulla rivista internazionale Journal of Cleaner Production, condotta da un gruppo di ricercatori dell’Università degli Studi di Siena e della Aarhus University danese, che ha ridisegnato la mappa mondiale delle emissioni di gas serra tenendo conto di questo fenomeno.

Nello studio, il calcolo delle emissioni di gas serra è stato effettuato considerando anche i beni consumati all’interno dei confini nazionali, facendo emergere in questo modo l’effetto del commercio internazionale sulle emissioni su scala globale. Secondo questo nuovo punto di vista, la responsabilità nelle emissioni di gas serra da parte di paesi esportatori come Cina, Russia e molti paesi del Medioriente appaiono ridotte, in quanto una parte rilevante della loro produzione è finalizzata a soddisfare il consumo dei paesi più sviluppati.

«Gli Stati Uniti – evidenzia Simone Borghesi, ricercatore dell’Ateneo senese – sono il paese che importa la maggiore quantità di CO2 ‘nascosta’ e con questa nuova attribuzione le emissioni di cui sono responsabili aumentano di circa il 15%. Da un punto di visto relativo, le nazioni che importano di più sono l’Olanda, che raddoppia la propria responsabilità in termini di emissioni, la Francia (+50%) e il Regno Unito (+35%).

«Questo nuovo approccio nella stima delle emissioni di gas serra – aggiunge Simone Bastianoni dell’Università di Siena – ci permette di assegnare la responsabilità delle emissioni in modo più equo perché si tiene conto anche dell’effetto del commercio. Sebbene la Cina rimanga il maggiore emettitore mondiale, la sua responsabilità diminuisce perché si tiene conto del fatto che la sua produzione è in gran parte dovuta all’export».

L’Italia, come quasi tutti i paesi sviluppati, emerge dallo studio come un paese importatore di emissioni e con questa nuova allocazione aumenterebbe le proprie emissioni nazionali di circa un quarto. «Assegnare una più equa responsabilità delle emissioni ad ogni nazione comporterebbe la necessità di un impegno maggiore nella riduzione dei gas serra per quei paesi che utilizzano maggiormente le risorse del nostro pianeta per soddisfare i propri consumi. Oggi invece queste nazioni hanno la possibilità di scaricare le loro responsabilità ambientali su paesi che hanno, per svariate ragioni, obblighi ambientali minori» conclude Dario Caro, ricercatore della Aarhus University e principale autore dell’analisi.