I campi di applicazione nel settore della refrigerazione sono tali e tanti che chiunque incontra nell’attività della vita quotidiana un compressore e un tecnico che ne assiste e ne regola il funzionamento.La pervasività della tecnologia a volte ci sfugge e ce ne impedisce la determinazione dei rischi collegati direttamente alla professione che deriva dalla sua gestione.
La refrigerazione la fa da padrone in particolare nel settore dell’alimentazione, della salute e del comfort, tutte attività legate alla nostra vita quotidiana.
L’investimento annuo in attrezzature per la refrigerazione a livello mondiale vale circa 200 miliardi di dollari, e, limitandoci al solo settore alimentare, il valore del cibo e delle derrate che da lì passano vale 1.200 miliardi di dollari.
La refrigerazione è responsabile del consumo di circa il 25% di tutta l’elettricità generata nei Paesi industrializzati e fornisce una vasta gamma di servizi essenziali a tutte le comunità moderne.
Ecco dove si trova.
A casa, le applicazioni come il frigorifero domestico e il congelatore sono ovvie.
Se viaggiamo per lavoro, nelle nostre vetture e, sempre più frequentemente, nei mezzi da lavoro, fruiamo dei climatizzatori. Negli uffici si può trattare di climatizzazione o del raffreddamento per sale server, oppure nei distributori automatici di bevande.
Sulla refrigerazione si basa anche una parte integrante di molti processi industriali.
Quando andiamo a far la spesa acquistiamo in negozi con aria condizionata e in banchi e vetrine refrigerati le merci deperibili, molte delle quali sono state trasportate in container refrigerati e provengono da altri continenti, nel contesto di una catena del freddo che include anche il trasporto locale e lo stoccaggio.
Nel nostro tempo libero, quando frequentiamo pub, locali o ristoranti, c’è bisogno di raffreddamento per il comfort, per le bevande e per la conservazione degli alimenti.
Le piscine hanno bisogno di deumidificazione e le piste di pattinaggio su ghiaccio hanno bisogno di… ça va sans dire!
Il freddo, le sue componenti e i suoi professionisti non ci abbandonano nemmeno nella malattia, dove abbiamo a che fare negli ospedali con sale operatorie climatizzate e stoccaggio di emoderivati a bassa temperatura, e persino alla nostra morte la refrigerazione non ci abbandona, e lo ritroviamo come servizio essenziale all’interno degli obitori.
La refrigerazione è, dunque, una parte importante di tutti gli aspetti della nostra vita.
È purtroppo impossibile – per un settore vasto e vario come la refrigerazione – operare, pur con tutte le cautele e accortezze del caso, senza incidenti.
L’obiettivo è di inquadrare questo tema e contestualizzarlo con qualche numero ed evidenza.
La refrigerazione è un settore relativamente sicuro e la maggior parte dei rischi sono comuni a numerose situazioni di lavoro, con poche specificità. Per giustificare quest’affermazione è necessario guardare alcune statistiche.
Tra i paesi che meglio monitorano e controllano il fenomeno, vi è il Regno Unito, dove le cifre mostrano che nel 2001/2 sono deceduti 249 lavoratori per incidenti sul lavoro, e 384 persone sono state uccise per cause connesse ad attività industriali. Le cifre relative al 2002/3 sono inferiori di circa il 10%.
Di questi 384, 295 erano legati al settore ferroviario e dei restanti 89, 73 erano in altre industrie di servizi. Ci sono stati 28.383 feriti gravi tra i lavoratori e 127.989 incidenti minori (“over-3-day”). Si sono inoltre contate 14.362 lesioni a persone “non addette”.
Questi sono i numeri per una popolazione di 58,8 milioni di cittadini britannici. Per contestualizzare questi decessi, riportiamo che, nel frattempo, ci sono stati circa 3500 morti per incidenti stradali. Il posto di lavoro è decisamente più sicuro della strada!
A questo proposito è interessante notare che il tasso di lesioni mortali sul lavoro (per centomila lavoratori o dipendenti) del Regno Unito, pari a 1,9, è il secondo più basso in Europa. L’isola è superata solo dalla Finlandia, e si confronta con una media europea di 3,6 e con la cifra USA pari a 2,7.
Le tipologie d’incidente più comuni sono identificate nella tabella 1. Questa indica che la maggior parte delle lesioni è una conseguenza di compiti relativi alle lavorazioni meccaniche non specifiche del settore.
I dati sono ripartiti in base alla seguente classificazione industriale:
agricoltura, caccia, silvicoltura e pesca
industrie del settore estrattivo e di utilità
- fabbricazione
- industrie di servizi
- educazione
- salute e lavoro sociale.
Questa classificazione, come abbiamo detto, comprende molte attività che fanno un massiccio uso delle applicazioni della refrigerazione, ma la refrigerazione non è identificata separatamente.
In questo senso, però, ci aiuta un recente documento che ha esaminato i dati disponibili sugli incidenti specifici della refrigerazione.
Gli autori dimostrano che la disponibilità di dati specifici è scarsa, e che la maggior parte degli incidenti non è dovuta al refrigerante stesso. Esso fornisce i dettagli degli incidenti in Svezia, che sono ben documentati. Nel periodo 1986-2001, ci sono stati 232 feriti e nessun morto. Solo per confronto, si può notare che la Svezia ha una popolazione di 8.830.000 abitanti, ed ha 5.600 operatori certificati per la gestione del refrigerante. Lo studio mostra anche i dettagli di alcuni incidenti specifici e comprende una buona bibliografia.
La conclusione è che i rischi legati al lavoro con impianti di refrigerazione non riguardano la manipolazione del refrigerante, ma sono per lo più rischi comuni ad altri settori industriali.
È probabile, dunque, che la maggior parte degli incidenti nel settore della refrigerazione al mondo segua la dinamica del modello svedese e che essi siano attribuibili a cause meccaniche o generali. Tra questi occorre includere gli incidenti agli occhi, la folgorazione, quelli derivanti dal montaggio e smontaggio delle attrezzature e delle strutture.
Ci sono, però, alcuni incidenti più direttamente collegati alla refrigerazione di per sé, ma che sono nascosti all’interno della categoria “altro” nella tabella 1. Questi includono esplosioni di pressione ed esplosioni di vapore refrigerante, i rischi di asfissia (da praticamente tutti i refrigeranti), e rischi specifici di prodotti di decomposizione del refrigerante.
Ci sono anche conseguenze microbiologiche collegate a operazioni di manutenzione inadeguata, che portano a epidemie di legionella, o a intossicazione alimentare per alimenti mal conservati.
Quindi, pur non perdendo di vista il fatto che la refrigerazione è molto diffusa, essa non ingenera problematiche gravi, e che il buon senso, formazione e cura adeguata diminuiscono fino quasi allo zero il rischio di conseguenze letali.
Cura adeguata significa una corretta educazione e la formazione puntuale di chi lavora con i refrigeranti e i sistemi di refrigerazione, e in questo gli operatori sono incoraggiati dalla registrazione obbligatoria al registro dei gestori di refrigerante.
Assofrigoristi ha in preparazione un documento che presenteremo al governo con alcune proposte e uno schema – collegato alla facile riconoscibilità degli operatori qualificati – basato sulla norma UNI 13313, al fine di classificare univocamente la professione con uno specifico codice Ateco.
Nonostante i molti ritardi nel nostro settore, siamo sicuri che questo o uno schema similare saranno in grado di collocare la professione al centro del processo e della filiera che include la refrigerazione e far sì che entro i prossimi tre anni si possa, contribuire a mantenere anche il livello di incidentalità nella refrigerazione assolutamente basso.
La formazione continua non è stata qui citata esplicitamente, ma è implicita in molte delle carte e dei documenti, e non deve essere ignorata, come già si diceva nell’editoriale.
Il contenuto di questo articolo potrebbe essere la base di un modulo in un corso di formazione più completa al riguardo, per definire un attuativo del DM81/2008 specifico per il settore.