Quando l’azienda ENEX è nata, dieci anni fa, in pochi credevano nelle ampie possibilità della CO2 come refrigerante. Ma specializzarsi su questa tecnologia ha portato i suoi frutti ed ENEX oggi si annovera tra gli esperti europei nel campo della refrigerazione naturale. Sergio Girotto – fondatore e direttore dell’Azienda – fa un bilancio di questi primi dieci anni.
- Si dice che spesso il nome sia un programma. Da dove deriva ENEX e perché questo nome?
La sigla, secondo le intenzioni iniziali, deriva dalle prime sillabe di Energia e Exergia, per dare l’idea di un’azienda i cui prodotti fossero concepiti per un utilizzo efficiente dell’energia. Adesso dovremmo aggiungere una sillaba che ricordi “ecologia”, ma ormai ci siamo affermati come ENEX e così rimane
- Quando è nata ENEX, da quali esperienze arriva e come è cresciuta in questi dieci anni?
Enex è stata costituita nel 2004. Per i primi due anni Enex ha fatto sostanzialmente prototipi, di vario tipo, per università e laboratori e aziende. Progettavamo e facevamo costruire – da 2 aziende produttrici di macchine frigorifere convenzionali – le macchine e seguivamo i test. Questo però non era un modello di business sostenibile. Inoltre la qualità dei prodotti era accettabile per macchine destinate a laboratori, ma non per un uso continuato nel tempo. Così abbiamo deciso, nel 2006, di costruire direttamente le macchine destinate al mercato che nel frattempo stava maturando.
- In quale contesto tecnico avete iniziato ad operare e come è cambiato oggi?
Quando abbiamo iniziato non era affatto provato che la CO2 potesse essere utilizzata in modo generalizzato come refrigerante. C’erano state delle installazioni, in Scandinavia, ma sostanzialmente i produttori di componenti non ci credevano. Soprattutto nessuno pensava che potesse essere una soluzione generale per tutti i climi. Adesso è tutto diverso. È provato che la CO2 può essere una soluzione di massa per tutte le condizioni climatiche, i produttori di componenti hanno adattato i loro prodotti all’uso con CO2 ed è certamente più facile fare impianti affidabili. Rimane il fatto che fare un impianto affidabile ed efficiente con CO2 per l’Italia non è banale.
- Il mercato non è pronto?
Mi riferivo all’aspetto tecnico, infatti per il sud Europa bisogna usare le tecnologie più recenti e innovative. Il mercato è pronto, infatti dal 2013 stiamo lavorando bene in Italia: sappiamo come fare, alcuni installatori sono molto ben organizzati e hanno preparazione ed esperienza. Direi che forse ci sono ancora dubbi tra gli utilizzatori finali che sono sicuramente combattuti tra molte opinioni contrastanti. Per questo motivo la diffusione è lenta. E’ inevitabile in una fase di cambiamento.
- ENEX è un’azienda piccola – 25 persone in totale – ma ha registrato una continua crescita, anche in un settore in cui operano giganti internazionali. Alcuni ingredienti di questo successo?
In una fase iniziale il fattore premiante era il fatto di essere gli unici o quasi a produrre macchine per CO2. Il mercato era piccolissimo, ma pur sempre di dimensioni adatte a una azienda ai suoi inizi. Poi il mercato è cresciuto, soprattutto in alcuni paesi esteri e abbiamo potuto, realizzando sempre più macchine e soprattutto, con una crescita graduale, migliorare il prodotto e contemporaneamente sviluppare nuove soluzioni. Ora ci troviamo con l’esperienza ottenuta da più di 500 impianti. Enex è l’unica azienda ad aver realizzato praticamente tutti i tipi di circuito con CO2 come refrigerante, dal due stadi al booster al cascata industriale con evaporazione a -50°C. Ed è l’azienda che ha introdotto nel circuito transcritico con CO2 praticamente tutte le innovazioni del settore: il compressore ausiliario per la ricompressione del vapore di flash, l’eiettore per l’alimentazione allagata e il recupero dell’energia di espansione sono tutte innovazioni sviluppate o introdotte da Enex. Un altro fattore che credo sia stato determinante è la specializzazione: Enex è una delle pochissime aziende in Europa – siamo forse in tre – che produce “solo” macchine frigorifere con CO2. Alla base di questa scelta vi è anzitutto la convinzione che fare macchine frigorifere con CO2 sia la cosa giusta, ovvero ci crediamo, ma anche che fare HFC e fare CO2 significhi sostanzialmente avere due fabbriche diverse. La pressione, e quindi la tecnica di fabbricazione e la procedura di collaudo sono completamente diverse nei due tipi di refrigeranti. In definitiva è diversa l’organizzazione richiesta all’azienda.
- Cosa rifareste, se doveste ricominciare e cosa invece assolutamente evitereste?
Premesso che oggi forse non sarebbe possibile rifare la stessa cosa nello stesso settore, ma supponendo di ritornare indietro nel tempo probabilmente con l’esperienza di adesso certamente prenderei decisioni più rapide su alcuni argomenti soppesati a lungo. Forse lo sviluppo sarebbe più rapido. Venendo invece alle esperienze positive che rifarei certamente, direi la decisione di stabilire intensi rapporti di collaborazione con le università e istituti di ricerca, anche italiani. Sono stati sicuramente un fattore di successo che ha permesso di aumentare la conoscenza. Abbiamo avuto delle ottime esperienze con due università e due istituti di ricerca italiani oltre che con organizzazioni di ricerca estere, in particolare con Sintef di Trondheim. È stato uno scambio molto proficuo.
- Come vedete lo sviluppo nel futuro prossimo della Azienda e della tecnologia? Dove credete che si muoverà il mercato?
Da tempo stiamo lavorando su dei prodotti che inizieremo a proporre nel 2015, in settori e mercati diversi da quelli attuali ma sempre basati sul fluido naturale CO2 e praticamente derivati da macchine esistenti. Abbiamo trovato ad esempio applicazioni fino a ieri impensabili per le pompe di calore per acqua ad alta temperatura. Per quanto riguarda la seconda domanda, mi sembra che il mercato richieda sempre più una serie di contenuti immateriali e di conoscenza anche se fisicamente compra un oggetto tangibile. Quindi necessariamente l’offerta dovrà andare in quella direzione, ad esempio con servizi aggiuntivi quali la progettazione impiantistica, ma è solo un esempio tra i tanti che si potrebbero fare.
- Rifareste oggi, nel 2014, la stessa scelta di 10 anni fa? Perché?
Come ho detto prima non sarebbe possibile rifare la stessa cosa oggi. Non c’è più il momento di discontinuità che permette a un nuovo entrante di trovare uno spazio proprio. Con altri prodotti certamente sì, lo rifarei. Magari ci risentiamo nel 2024 per un’altra intervista e per vedere come è andata.