Ottimizzazione delle sequenze di controllo

Impianti ad acqua refrigerata

Questo quinto, ed ultimo, articolo della serie dedicata ai circuiti di acqua refrigerata negli impianti frigoriferi affronta il problema dell'ottimizzazione delle sequenze di controllo di questi circuiti. All'uopo è stato impostato un tradizionale impianto di distribuzione di acqua refrigerata a portata variabile, e con un solo circuito primario, come raffigurato nella Figura 1. L'impianto è completo di due unità di ciascuno dei componenti più importanti (chiller, torre, pompa acqua ai condensatori e pompa acqua refrigerata), ognuno dei quali è dimensionato per il 50% del carico
Figura 1 – Schema di un tipico impianto frigorifero ad acqua refrigerata e solo circuito primario

Questo tipo di impianto è molto comune ed è stato usato come base per le simulazioni e l’ottimizzazione per questa serie di articoli e per il corso di istruzione SDL su cui lo stesso è stato basato. Da notare che le pompe dell’acqua ai condensatori (CW) della Figura 1 non hanno il comando a velocità variabile (VSD). Nell’articolo sono pure illustrate le sequenze di controllo delle pompe CW a velocità variabile ma, come già discusso nell’articolo 2 di questa serie e, più in dettaglio qui di seguito, il comando VSD su queste pompe non ha una reale efficacia sul costo del ciclo di vita nel caso di impianti che servono dei carichi di edifici per uffici.
Da notare, inoltre che, nella figura 1, le torri di raffreddamento non hanno valvole di intercettazione in grado di fermare il flusso di acqua in modo da far funzionare da sola una delle due torri.
Come già discusso nella parte 4 di questa serie, le torri possono essere scelte in genere con ugelli e barriere che permettano di avere metà portata da una pompa CW pur fornendo, nello stesso tempo, una piena bagnatura del pacco scambiatore e risultando sempre più efficiente far funzionare il maggior numero possibile di celle delle torri.
Di conseguenza, se si verifica che una o due pompe stanno funzionando, ambedue le celle delle torri sono in gioco ed i ventilatori sono controllati alla stessa velocità.

Figura 2 – Prestazione di una pompa a velocità variabile con vari setpoint di DP

La determinazione delle sequenze di controllo ottimali
Gli impianti di acqua refrigerata possiedono molte caratteristiche che rendono ognuno di essi unico nel suo genere, ragion per cui diventa difficile determinare prontamente delle sequenze di controllo che possano offrire la massima efficienza dell’impianto.
Le variabili che influiscono sulle prestazioni del macchinario e dell’impianto includono:

  • Chiller. Ogni chiller ha delle caratteristiche uniche che influenzano l’efficienza a pieno carico e a carico parziale e che sono il tipo di compressione, lo scambio di calore dell’evaporatore e del condensatore, i dispositivi di parzializzazione (quali i comandi a velocità variabile, le valvole a cassetto e le palette di guida all’entrata), il sistema di gestione dell’olio e la logica di controllo interna.
  • Torri di raffreddamento. L’efficienza delle torri (m³/h.kW) varia notevolmente di quasi un ordine di grandezza fra il tipo compatto con ventilatore centrifugo ed il tipo sovradimensionato con ventilatore assiale. Le torri possono essere scelte anche secondo una vasta gamma di temperature di approccio (differenza in °C fra la temperatura di uscita dell’acqua dalla torre e la temperatura a bulbo umido dell’aria esterna).
  • Pompe di circolazione acqua refrigerata e di condensazione. I sistemi delle pompe e delle tubazioni possono essere scelti per una grande varietà di ΔT e possono, o no, includere i comandi a velocità variabile. L’efficienza delle pompe varia anch’essa secondo il tipo di pompa e le sue dimensioni e la pressione di mandata varia notevolmente in base alla collocazione fisica e agli standard di dimensionamento delle tubazioni.
  • Sistemi di distribuzione dell’acqua refrigerata. Le varie disposizioni del sistema di distribuzione dell’acqua, quali primario-secondario contro solo primario con portata variabile, influenzano notevolmente la logica di controllo dell’impianto.
  • Condizioni climatiche. Le variazioni delle condizioni climatiche del sito dove sorge l’impianto influenzano i carichi termici e la capacità delle torri di raffreddamento di smaltire l’energia .
  • Profilo del carico termico. La grandezza e la consistenza dei carichi termici influenzano le sequenze di controllo ottimali. Per esempio, le sequenze di controllo che sono ottime per un edificio per uffici servito da impianti con centrali di trattamento d’aria complete di economizzatori lato aria possono non risultare ottimali per un data center servito da impianti privi di economizzatori.
Figura 3 – Numero pompe CHW in funzione a confronto con la portata d’acqua progettuale e alla velocità della pompa

Di fronte a così numerose variabili, non può esistere alcuna sequenza  di controllo che sia in grado di fornire il massimo di efficienza per tutti gli impianti, per tutti i climi e per tutti gli edifici. Esiste però un certo numero di lavori riguardanti le tecniche da adottare per ottimizzare le sequenze di controllo degli impianti ad acqua refrigerata. Quasi tutti richiedono un certo livello di modellazione informatica sia dell’impianto che dei suoi componenti insieme con la disponibilità di un adeguato tempo di realizzazione che la maggior parte dei progettisti non possiede.
Per la stesura di questa serie di articoli e della SDL su cui essa è basata, è stata adottata una notevole modellazione allo scopo di determinare delle sequenze di controllo generalizzate che tengano conto della maggior parte delle variazioni dei parametri progettuali dell’impianto sopraindicato.
In breve, la tecnica adottata comporta lo sviluppo di modelli di simulazione calibrati dell’impianto e dei suoi macchinari che sono posti a confronto con il profilo di carico annuale dell’acqua refrigerata con i coincidenti dati climatici e, nello stesso tempo, modellando parametricamente in modo virtuale tutti i potenziali modi di funzionamento ad ogni ora.
In tal modo è possibile determinare il modo operativo che richiede la minima quantità di energia ad ogni ora. Il minimo consumo orario di energia assommato lungo tutto l’anno viene chiamato TOPP (Theoretical Optimum Plant Performance). Dato che tutti i modi operativi sono simulati, le prestazioni dell’impianto non possono essere migliori di quelle del TOPP entro i limiti di precisione dei modelli assunti.
la modellazione TOPP è stata, quindi, assunta per l’impianto ad acqua refrigerata della Figura 1 per una vasta gamma di opzioni progettuali riguardanti le torri, l’approccio, l’efficienza ed i climi.
I modi operativi (cioè il numero di chiller, la portata dell’acqua di condensazione, la velocità delle pompe, la velocità dei ventilatori delle torri e le relative temperature dell’acqua ai condensatori) che offrono il TOPP per ciascuno scenario progettuale dell’impianto sono stati studiati per rilevare in che modo essi sono collegati alle variabili indipendenti quali il carico dell’impianto ed i dati climatici (cioè la temperatura a bulbo umido) e per trovare quelle modalità che possono essere impiegate per controllare l’impianto nelle applicazioni reali tramite un sistema di controllo diretto digitale (DDC).
Idealmente, il macchinario dovrebbe essere controllato nella maniera più semplice possibile. Se si hanno delle sequenze di controllo troppo complesse diventa difficile sostenerle a lungo poiché gli operatori sono sempre pronti ad eliminarle al primo segnale di malfunzionamento.

Figura 4 – Energia dell’impianto con varie ritarature dei setpoint

Il seguito di questo articolo discute la modellazione TOPP e le sequenze generalizzate che sono state sviluppate dall’analisi dell’impianto ad acqua refrigerata riportato nella Figura 1 e che serve un edificio per uffici.

Controllo della pompa di acqua refrigerata
Il controllo della velocità della pompa di acqua refrigerata viene effettuato normalmente per mantenere la pressione differenziale fra mandata e ritorno (DP) al suo punto di taratura (setpoint). Lo standard ASHRAE 90.1 richiede che il sensore della DP venga posizionato sulla batteria di scambio di calore che si trova più distante.
La ragione è dovuta al fatto che quanto più basso è il setpoint della DP tanto più bassa è l’energia consumata dalla pompa, come riportato nella Figura 2. Se il setpoint della DP viene ritarato in base alla posizione della valvola, come verrà discusso più avanti, l’energia consumata dalla pompa può risultare vicina alla curva ideale della Figura 2 con il setpoint della DP = zero.
La Figura 3, a sua volta, mostra il numero ottimale di pompe dell’acqua refrigerata come una funzione del rapporto fra le portate e come una funzione della velocità della pompa per l’impianto della Figura 1 basato sulla modellazione TOPP.
Al contrario delle torri di raffreddamento, la sequenza ottimale si ottiene facendo funzionare il minor numero possibile di pompe, poiché tutte le pompe pompano lungo lo stesso circuito (diversamente che con le tubazioni di ingresso e uscita di ciascuna pompa presente fra i collettori) in modo che non si hanno i vantaggi energetici della “legge del cubo” propri per ogni singola pompa.
La Figura 3 indica chiaramente che la parzializzazione del numero di pompe operative fornisce una migliore ottimizzazione rispetto alla parzializzazione ottenuta con la riduzione della velocità della pompa.

Figura 5 – Ritaratura setpoint CHWST e, quindi, del setpoint DP con sequenza delle valvole sulla CHW

Come suggerito dalla Figura 3, il numero di pompe di acqua refrigerata dovrebbe essere parzializzato in funzione al rapporto delle portate (fra la portata effettiva e quella totale progettuale dell’impianto) al punto percentuale pari al 47%, cioè una sola pompa funziona se il rapporto è inferiore al 47%  altrimenti due se lo superano, sempre adottando un ritardatore di tempo per impedire troppi frequenti cicli di marcia-arresto. Questo punto ottimale del 47% suppone che il setpoint DP venga ritarato con una certa posizione della valvola che viene ad essere un po’ superiore nel caso di un setpoint più elevato.
Nel caso di pompe molto grandi (> ~ 75 kW), può essere valido fare uno sforzo per determinare l’effettivo punto operativo della pompa (portata contro pressione) ed ottimizzare la parzializzazione basandosi sull’efficienza della pompa determinata dalle letture di portata e di pressione messe a confronto con le curve delle pompe duplicate matematicamente nei sistemi di controllo DDC.
In tal modo si permette alle pompe di funzionare più vicino alla loro efficienza progettuale dato che la curva operativa dell’impianto varia rispetto alla curva parabolica ideale a causa della valvola modulante al minimo setpoint della DP. Nondimeno i piccoli risparmi potenziali di energia non valgono lo sforzo nella maggior parte degli impianti di acqua refrigerata.

Ritaratura del setpoint della temperatura dell’acqua refrigerata e di quello della DP
Dato che in generale, i chiller sono più efficienti con una maggiore temperatura di uscita dell’acqua refrigerata, l’efficienza ottimale può essere ottenuta se il setpoint della temperatura di mandata dell’acqua (CHWST) viene fissato più elevato possibile.

Figura 6 – Parzializzazione numero di chiller a velocità variabile a confronto con la percentuale di carico

Quando tutte le zone sono controllate dal sistema  DDC, la migliore strategia di ritaratura viene basata sulla posizione delle valvole in cui il setpoint della CHWST viene ritarato verso l’alto fino a che la valvola che controlla la batteria che richiede l’acqua più fredda si trova completamente aperta. Questa strategia assicura che nessuna delle batterie rimanga senza acqua e che tutte siano in grado di mantenere i loro rispettivi setpoint di temperatura dell’aria di mandata e di quella dello spazio refrigerato. La posizione della valvola può essere usata anche per ritarare il setpoint della DP adottato per controllare la velocità della pompa, poiché esso viene richiesto nello standard 90.1.
La relativa logica è simile alla ritaratura del setpoint della CHWST in cui il setpoint della DP viene ritarato verso l’alto fino a che la valvola che controlla la batteria che richiede la maggiore DP sia completamente aperta.
In questo caso sorge un dilemma dato che la posizione della valvola può essere usata per ritarare sia il setpoint della CHWST oppure quello della DP ma non di entrambi indipendentemente.
Di conseguenza non è possibile rilevare se alla valvola non arriva acqua a causa di mancanza di pressione oppure a causa di insufficienza di acqua refrigerata, per cui occorre decidere quale dei due setpoint è da prendere in considerazione. Anche se la ritaratura verso l’alto del setpoint della CHWST fa ridurre il consumo di energia del chiller, esso fa aumentare il consumo di energia negli impianti a portata variabile.
Una maggiore temperatura dell’acqua refrigerata provoca anche una maggiore richiesta della stessa a parità di carico, creando un degrado del ΔT dell’acqua refrigerata e facendo aumentare la portata ed il consumo energetico della pompa.
Il degrado del ΔT può influenzare anche la parzializzazione ottimale dei chiller che, però, non costituisce un grosso problema negli impianti con il solo circuito primario e con chiller a velocità variabile.
Inoltre, le simulazioni effettuate hanno dimostrato che l’impatto positivo sull’efficienza dei chiller da parte della ritaratura della temperatura dell’acqua refrigerata è molto maggior rispetto all’impatto negativo sul consumo della pompa anche quando si abbiano delle elevate perdite di distribuzione.
La Figura 4 mostra i risultati della simulazione DOE2.2 di un impianto con solo circuito primario, chiller a velocità variabile e pompe con elevata pressione (450 kPa) adottando tre strategie diverse di ritaratura basate sulla posizione della valvola di regolazione, ovvero: 1) ritaratura della sola temperatura dell’acqua refrigerata (CHWST); 2) ritaratura del solo setpoint della pressione differenziale (DP); 3) combinazione di 1) e 2) che ritara prima il CHWST e, quindi, la DP.
Le simulazioni sono state fatte per diverse zone climatiche (la  Figura 4 è relativa al Texas) e, in tutti i casi, la ritaratura della temperatura dell’acqua refrigerata si è rivelata più efficiente che non quella della DP.
Il sistema migliore si è dimostrato quello della sequenza dei due valori (prima la CHWST e poi la DP), anche se solo leggermente migliori rispetto al solo CHWST.
La Figura 5 mostra come può essere realizzata questa strategia di ritaratura in sequenza. L’asse “x”
scambio di calore che si trova più distante.è un punto di software denominato “ ritaratura dell’acqua refrigerata (RAR)” che varia dallo 0% al 100% usando la  logica “ trim and respond  (TAR) “.
I controllori delle valvole delle batterie generano le “richieste” di temperatura dell’acqua più fredda oppure di pressione della pompa più elevata quando la valvola è completamente aperta. Quando le valvole generano le richieste, la RAR aumenta mentre, quando non lo richiedono, la RAR diminuisce costantemente.
Quando la RAR arriva al 100%, il setpoint della CHWST è al punto Tmin  (ovvero alla temperatura progettuale)ed il setpoint della DP è al punto DPmax  (ovvero il punto progettuale).
Con il diminuire del carico, la logica TAR fa ridurre il punto RAR. Con questa azione, la temperatura dell’acqua viene aumentata prima fino ad un valore massimo Tmax  (uguale a quello del minimo setpoint della temperatura dell’aria di mandata, meno 1°C), dopodiché il setpoint della DP viene ridotto fino al valore minimo DP min  (quale 21 kPa).
In pratica, questa logica raramente dà, come risultato, una eccessiva ritaratura del setpoint della DP, dato che la ritaratura della CHWST è sufficientemente forte da fermare l’acqua alla batteria, ragion per cui diventa importante posizionare il sensore della DP nella batteria più distante in modo da avere la DPmax  più bassa possibile per ridurre al minimo l’energia consumata dalla pompa.

Figura 7 – Possibile situazione di “ surge “ in base al carico

Controllo di velocità del ventilatore della torre di raffreddamento
Il sistema più comune per controllare il funzionamento della torre di raffreddamento consiste nella ritaratura della temperatura di mandata dell’acqua ai condensatori, basandosi sulla temperatura a bulbo umido dell’aria esterna.
Le simulazioni effettuate, però, indicano che ciò non sempre fornisce i migliori risultati. Infatti, nel caso di impianti per tipici edifici per uffici, sono state trovate delle buone correlazioni in tutte le simulazioni di valori TOPP fra il rapporto di carico parziale dell’impianto (PLR) e la differenza fra la temperatura di ritorno dell’acqua ai condensatori (CWRT) e la CHWST. Quest’ultima differenza costituisce un indicatore diretto dell’aumento dell’efficienza del chiller. Quanto sopra può essere riassunto dalla seguente equazione:

CWRT – CHWST = A x PLR + B                                               (1)

In essa A e  B sono dei coefficienti che variano con il clima e con il tipo di impianto. Risolvendo l’equazione per il setpoint ottimale della CWRT per una data CHWST, si ha:

CWRT = CHWST + A x PLR + B                                               (2)

Questo setpoint deve essere legato al valore minimo della differenza CWRT- CHWST a basso carico richiesto dal fabbricante del chiller.
Il tipico valore minimo di 5°C è una funzione connessa al sistema di gestione dell’olio  del compressore del chiller e può variare da soli pochi gradi nel caso di compressori senza olio (Turbocor, ecc.) fino a circa 10°C. Più questo è basso e minore sarà il consumo di energia, in particolare nei climi miti.
In tal modo è possibile ottenere delle prestazioni delle torri di raffreddamento quasi ottimali mediante il controllo della velocità del loro ventilatore basato sulla temperatura di “ritorno” dell’acqua dai condensatori con il setpoint determinato dall’equazione 2.
Il fatto di controllare la temperatura di ritorno dell’acqua dai condensatori invece di quella di mandata non è certo tradizionale ma ha la sua validità dato che è la temperatura di ritorno che determina il grado di efficienza del chiller e non quella di mandata (l’efficienza non dipende dalla temperatura di entrata dell’acqua refrigerata e neppure da quella di entrata ai condensatori).

Controllo della velocità della pompa dell’acqua ai condensatori
Dalle simulazioni effettuate, non è stato possibile ottenere alcuna buona correlazione per il controllo della velocità delle pompe di circolazione dell’acqua ai condensatori. La velocità ottimale della pompa e la portata di acqua erano state tracciate in paragone ai vari parametri quali PLR, temperatura e bulbo umido, potenza percentuale del chiller e aumento dell’efficienza ma senza ottenere una relazione consistente. La migliore correlazione ottenuta è stata quella della portata in paragone al rapporto PLR, ma le correlazioni ottenute sono state raramente efficaci (R² < 0,85 e, anche, < 0,50).
Esse sono state molto più deboli per la velocità della pompa rispetto a quella per la portata, per cui è consigliabile applicare un misuratore di portata dell’acqua ai condensatori se lo stesso non fa già parte del progetto iniziale dell’impianto.
La relativa curva può essere espressa con la seguente equazione:

CWFR = C x PLR + D                                                  (3), dove:

CWFR   =   rapporto di portate dell’acqua ai condensatori, ovvero fra la portata effettiva

e quella totale progettuale

C e D      =  coefficienti variabili in base al clima e al tipo di impianto

Il setpoint della portata di acqua ai condensatori (CWFSP) può, quindi, essere calcolato da:

CWFSP = CWFR x CWDF                                                       (4), dove:

CWDF   = portata progettuale di acqua ai condensatori per l’impianto (con entrambe
le pompe)

Questo setpoint deve essere legato al valore minimo di portata di acqua ai condensatori richiesto dal fabbricante del chiller. Questa portata minima corrisponde, per la maggior parte dei fabbricanti, al momento della formazione del flusso laminare nel condensatore e può essere dal 40% al 70% della portata progettuale secondo il numero di tubi, dei passi e del tipo di scambiatore (p.e., tubo liscio o alettato).
Le portate più elevate possono essere utili per evitare lo sporcamento dei tubi ma, a questo proposito, non esistono ancora dati certi.
Una volta determinata la portata desiderata, la velocità della pompa viene modulata in modo da mantenerla al suo setpoint.
I coefficienti C e D, determinati per gli specifici impianti, sono stati quindi inseriti nel modello energetico, ottenendo delle effettive prestazioni energetiche varianti fra il 101% ed il 110% del TOPP.

Figura 8 – TOPP delle sequenze reali per pompe a velocità costante e a velocità variabile

Con questa prestazione leggermente inferiore a quella ottimale, è stato rilevato che i VSD sono solo marginalmente efficaci sul costo del ciclo di vita nel caso di climi secchi e non lo sono del tutto per altri climi.
Le prestazioni diventano ancora peggiori se C e D vengono determinati da equazioni di regressione basata sul progetto dell’impianto rispetto alla effettiva modellazione di quelle dell’impianto.
In alcuni casi, in particolare nei climi umidi, la logica di controllo della pompa ha provocato un aumento del consumo di energia rispetto a quello a velocità costante.
È quindi consigliabile applicare il VSD alle pompe solo negli impianti con clima secco e solo se i coefficienti C e D sono basati sulle simulazioni dell’impianto effettivo e non dalle equazioni di modellazione dell’impianto.
La parzializzazione ottimale del numero di pompe a velocità variabile in funzione è legata alla portata con il 60% di quella totale al punto di parzializzazione, ovvero una sola pompa deve funzionare se il CWFR si trova al disotto del 60% mentre, al disopra, se ne hanno in funzione due, sempre adottando un relè ritardatore per evitare il cycling.
La stessa parzializzazione ottimale per le pompe a velocità costante può variare con la differenza di entrambe CWRT – CHWST e con il PLR, ma con correlazioni piuttosto deboli ed un impatto energetico relativamente piccolo senza riguardo alla logica di controllo.
Per maggiore semplicità, le pompe di acqua ai condensatori di tipo a velocità costante dovrebbero essere parzializzate insieme con i chiller.

Parzializzazione del numero di chiller in funzione
La Figura 6 riporta il numero ottimale di chiller che dovrebbe essere messo a confronto con il carico termico dell’impianto nel caso di chiller centrifughi muniti di velocità variabile. Il grafico mostra che, molto spesso, è più conveniente far funzionare due chiller fino al 25% del carico totale dell’impianto. Un simile risultato sembrerebbe contrario alla logica dato che la tradizione ha sempre previsto di far funzionare il minor numero possibile di chiller. Ciò è vero, infatti, nel caso di chiller a velocità fissa ma non per quelli a velocità variabile che sono più efficienti ai bassi carichi quando la temperatura dell’acqua ai condensatori è bassa.
La Figura 6 mostra che la parzializzazione del numero di chiller in funzione, basata sul solo carico termico, non riesce ad ottimizzare le prestazioni poiché si viene ad avere un ampio campo in cui uno o due chiller dovrebbero funzionare.
Esiste anche un altro problema con la parzializzazione basata sul solo carico: essa può provocare un funzionamento dei chiller (centrifughi) nella zona di “surge”.
Ciò può essere rilevato nella Figura 7 che mostra sistematicamente l’andamento del carico del chiller centrifugo in confronto al “lift” del refrigerante definito come la differenza fra le temperature del refrigerante nel condensatore e nell’evaporatore.
Se due chiller stanno funzionando quando questo “lift” è elevato (linea rossa), i chiller si trovano a funzionare nella zona del “surge”.
Per evitare una simile situazione, i controllori dei chiller provvedono a far aumentare la velocità del compressore e a strozzare le sue palette di guida di entrata del refrigerante per controllarne la capacità. In tal modo, però, l’efficienza diminuisce per cui diventa più conveniente far funzionare soltanto uno solo dei chiller invece che due. Tuttavia, se il “lift” è basso (linea verde della Figura 7), i chiller non si trovano a funzionare nella zona del “surge” per cui diventa più efficiente far funzionare due chiller al posto di uno solo.
Tutto ciò dimostra che, oltre al carico termico, la parzializzazione dei chiller deve prendere in considerazione anche il “lift” del refrigerante (questa considerazione si riferisce solo ai chiller centrifughi, dato che il “surge” non avviene nei compressori volumetrici come, per esempio, quelli a vite).
Per tutte le opzioni progettuali di un impianto e per tutte le zone climatiche, sono state ricavate delle buone correlazioni per il punto ottimale di parzializzazione descritto in un diagramma da una linea retta obliqua, come segue:

SPLR = E x (CWRT – CHWST) + F                                                       (5), dove:

SPLR        = parzializzazione del PLR

E e F         = coefficienti variabili in base al clima e al tipo di impianto (ricavati in base
alle modellazioni)
Se il PLR  effettivamente misurato è inferiore al SPLR, allora soltanto un chiller è in funzione; se, invece, esso è superiore, allora sono in funzione tutti e due i chiller, con l’adozione di un relè ritardatore per evitare il “cycling”.
Da notare che il  numero di pompe dell’acqua refrigerata in funzione ed il numero di chiller pure in funzione può non coincidere.
Infatti le pompe funzionano in risposta alle richieste di portata e di pressione da parte dell’impianto e non al carico termico come per i chiller e quindi possono avere una parzializzazione indipendente da quella dei chiller.
Gli impianti a portata variabile e con il solo circuito primario come quello preso in esame richiedono anch’essi una parzializzazione “soft” ed un controllo della portata minima.
Queste sequenze sono discusse in dettaglio nel programma SDL ed in altri studi.

Esempio di una particolare situazione
I risultati del modello TOPP, ricavati per il clima della California, hanno fornito i seguenti valori dei coefficienti A-B-C-D-E-F  inseriti nelle equazioni precedenti e cioè:

A = 4,7, B = 5,2, C = 1,3, D = 0,13, E = 0,009, F = 0,21

La Figura 8 riporta i valori TOPP (Theoretical Optimum Plant Performance) per le pompe dell’acqua ai condensatori a velocità variabile  (VSD) e a velocità costante (CS) messi a confronto con le sequenze reali di controllo proposte usando i valori dei coefficienti sopra riportati.
Nonostante la loro semplicità, le sequenze adottate hanno dato, come risultato, solo circa l’1% in più di consumo di energia rispetto alla TOPP.
L’applicazione della velocità variabile alle pompe ha fornito un risparmio del 3% rispetto alla velocità costante, ma ciò non ha rappresentato un sufficiente risparmio da  renderle efficaci dal punto di vista del costo affrontato su un semplice periodo di payback per questo impianto.
Nella Figura 8 è riportato anche il confronto fra le prestazioni dell’impianto usando lo standard AHRI 550/590 sulla curva dell’acqua ai condensatori per la ritaratura della stessa (maggior consumo di energia del 4% rispetto alle sequenze adottate) e delle prestazioni supponendo che il setpoint della CWST rimanga fisso al valore della temperatura progettuale (cioè 16% maggiore rispetto alle sequenze adottate).

Conclusioni
Questo articolo è l’ultimo di una serie di articoli che riassumono le tecniche di progettazione degli impianti ad acqua refrigerata da adottare per aiutare i tecnici ad ottimizzare la progettazione ed il controllo dell’impianto con maggiore facilità e senza ricorrere a metodi troppo sofisticati.
Il lavoro è stato effettuato adottando una logica di controllo ottimizzata che si è dimostrata molto semplice e facilmente programmabile in uno dei tanti sistemi di controllo DDC degli impianti. Se queste sequenze di controllo sono realizzate in modo appropriato, gli impianti frigoriferi con chiller di acqua refrigerata possono fornire delle prestazioni entro poche percentuali del valore teorico ottimale.

Bibliografia
S.T. Taylor, “ Optimizing Design and Control of Chilled Water Plants – Part 5 : Optimized Control Sequences” – ASHRAE Journal, giugno 2012