Ottimizzare la distribuzione dell’acqua refrigerata negli impianti HVAC

L'ASHRAE (American Society of Heating, Refrigerating and Air Conditioning Engineers) ha recentemente pubblicato una serie di linee guida riguardanti i concetti fondamentali per la progettazione ed il controllo del sistema di distribuzione centralizzata dell'acqua refrigerata per gli impianti di condizionamento d'aria
Figura 1 – Schema di impianto con solo circuito primario e unica batteria

È stata all’uopo sviluppata una procedura specifica per fornire una progettazione quasi ottimale di questo sistema valido per la maggior parte degli impianti, che comprende le seguenti fasi successive:

  • Scelta del sistema di distribuzione dell’acqua refrigerata
  • Scelta della temperatura dell’acqua refrigerata, della sua portata e della dimensione delle tubazioni principali
  • Scelta del sistema di distribuzione dell’acqua di raffreddamento del condensatore
  • Scelta della temperatura dell’acqua al condensatore, della sua portata e delle dimensioni delle tubazioni principali
  • Scelta del tipo di torre di raffreddamento, dell’opzione di controllo della velocità, efficienza, temperatura di approccio e dimensionamento della torre
  • Scelta del chiller
  • Finalizzazione delle rete di tubazioni, calcolo della pressione delle pompe e scelta delle stesse
  • Sviluppo e ottimizzazione delle sequenze di controllo

Ciascuna di queste fasi viene discussa in dettaglio iniziando dalla fase 1, riguardante la scelta del tipo del sistema di distribuzione dell’acqua refrigerata. La Tabella 1 riporta le raccomandazioni per ottenere un sistema di distribuzione “ottimale” dal punto di vista del costo del ciclo di vita, che sono basate sulla dimensione e sul numero di carichi da servire e sul numero di chiller da adottare.

Figura 2 – Schema di impianto con solo circuito primario e unico chiller

Il “costo ottimale del ciclo di vita” è stato menzionato poiché le raccomandazioni sono generalizzate e dovrebbero essere applicate alla maggior parte delle applicazioni tradizionali HVAC, ma esse possono anche non essere ottimali per ogni applicazione e non sono state provate rigorosamente come la scelta migliore. Esse sono basate sulle esperienze fatte da alcuni progettisti e riguardanti la progettazione ed il commissioning dell’impianto e con analisi effettive congiuntamente allo sviluppo precedente di queste linee guida, cioè su un lavoro fatto per un manuale ASHRAE di progettazione degli impianti ad acqua refrigerata e con i requisiti descritti sullo standard ASHRAE 90.1.
L’intento è di permettere ai progettisti di scegliere il sistema che più spesso costituisce la scelta migliore dal punto di vista del costo del ciclo di vita per una data applicazione senza dover effettuare alcuna lunga e complicata analisi.

Tabella 1 – Sistema di distribuzione dell’acqua refrigerata

Applicazione Batterie connesse Numero

chiller

Capacità batterie/

carichi serviti

Valvole di regolazione Tipo circuito raccomandato
1 Una Qualsiasi Qualsiasi Nessuna Fig.1: solo primario con singola batteria
2 Più di una Uno Ridotta (< 25 m³/h) 2 vie/3 vie Fig.2: solo primario

con singolo chiller

3 Poche, con carichi similari Più di uno Ridotta (< 25 m³/h) 3 vie Fig.3: solo primario

chiller multipli e carichi similari

4 Molte, con carichi similari

oppure dissimili

Più di uno Ridotta (< 25 m³/h) 2 vie Fig.4: solo primario

o

Fig. 5: primario-secondario

5 Più di una Qualsiasi Grande struttura 2 vie Fig.6: primario-secondario distribuito
6 Più di una Qualsiasi Grosse batterie

(> 25 m³/h)

Nessuna Fig.7: primario-secondario su batteria

Circuito primario unico
Quando si hanno uno o più chiller che servono una sola batteria di raffreddamento (Figura 1), la strategia progettuale più semplice consiste nel non impiegare alcuna valvola di regolazione sulla batteria. Invece, si ha una pompa a portata fissa che fa circolare l’acqua fra il chiller e la batteria e la temperatura dell’aria di mandata é regolata mediante la ritaratura della temperatura dell’acqua refrigerata che esce dal chiller.
Mentre la portata costante dell’acqua refrigerata significa un costante consumo di energia della pompa, le prestazioni del chiller vengono migliorate se la temperatura dell’acqua refrigerata in uscita viene ritarata al valore massimo possibile.
É possibile applicare alla pompa un comando a frequenza variabile (VFD) per avere una portata d’acqua variabile, ma ciò comporta un maggior costo e più complessità dell’impianto.

Figura 3 – Schema di impianto con solo circuito primario e chiller multipli (poche batterie con carico simile )

L’applicazione del VFD risulta raramente efficace dal punto di vista del costo dato che la potenza della pompa è, tipicamente, ridotta in un impianto a unica batteria ed il chiller e la batteria sono di solito accoppiati insieme fisicamente. Di conseguenza, risulta più efficiente far aumentare la temperatura dell’acqua refrigerata piuttosto che ridurre la velocità della pompa ed il suo consumo di energia.
Molti tecnici sono preoccupati per quanto riguarda la formazione di una elevata umidità ambiente con questo tipo di applicazione poiché le temperature dell’acqua refrigerata devono essere ritarate in modo preciso per poter mantenere la temperatura di mandata dell’aria al valore prefissato nel caso di basse condizioni di carico.
In realtà, ciò non é un problema poiché le condizioni di uscita dell’aria di mandata rimangono circa le stesse senza riguardo alla temperatura dell’acqua refrigerata. Per esempio, se la temperatura dell’aria di mandata uscente dalla batteria è di 13°C, essa si trova vicino alla saturazione sia che la temperatura dell’acqua refrigerata si trovi a 6°C oppure a 10°C. Infatti, è il punto di taratura della temperatura dell’aria di mandata che determina le condizioni di umidità dell’ambiente e non quella dell’acqua refrigerata. La Figura 1 mostra un unico chiller, ma è possibile impiegare un numero multiplo dello stesso.
Se si impiegano due chiller, ciò risulta in una buona occasione per collegare i chiller in serie piuttosto che in parallelo. Infatti in tutte le figure i chiller multipli sono mostrati in parallelo. Nella maggior parte delle applicazioni, i chiller potrebbero essere collegati alternativamente in serie, con il risultato di avere un minore consumo di energia, parzialmente controbilanciato da una maggiore consumo di energia della pompa. Tuttavia, i costi iniziali sono quasi sempre maggiori con il collegamento in serie a causa delle maggiori dimensioni delle pompe e delle tubazioni e della necessità di prevedere un bypass per permettere ad un chiller di funzionare mentre l’altro è fermo per la manutenzione.

Figura 4 – Schema di impianto con solo circuito primario e portata variabile

La Figura 1 mostra anche l’opzione di un serbatoio di accumulo. La ragione risiede nel fatto che gli impianti di acqua refrigerata devono avere un sufficiente volume di acqua nelle tubazioni, tale da evitare delle oscillazioni instabili di temperatura che possono causare dei continui arresti e riavviamenti. Ciò costituisce un potenziale problema nel caso di impianti con unica batteria poiché essi sono normalmente con comando ravvicinato e con brevi tratti di tubazioni. Per poter compensare la presenza di ridotti volumi di acqua nelle tubazioni, é spesso utile applicare un piccolo serbatoio di accumulo. É bene verificare presso il fabbricante del chiller quale deve essere il minimo volume d’acqua nella rete di tubazioni.

Solo circuito primario e unico chiller
I piccoli impianti di acqua refrigerata hanno, di solito, un unico chiller del tipo con condensatore ad aria. Questo tipo di impianto non presenta i problemi connessi alla portata d’acqua e alla parzializzazione della capacità che sono comuni negli impianti con chiller multipli e, quindi, presentano un semplice sistema di distribuzione e di controllo.
L’impianto raccomandato in questi casi é quello della Figura 2 che costituisce lo schema più semplice di portata variabile e unico circuito primario.
Sono previste valvole a due vie sulla maggior parte delle batterie con la presenza anche di un numero minimo di valvole a tre vie per mantenere la portata minima di acqua richiesta per il chiller. Questa portata minima, valorizzata dal fabbricante, può variare con il tipo e la dimensione del chiller ma è, di solito, fra il 25% ed il 50% della portata progettata.
Nella Figura 2 è riportato anche un sistema di variazione della portata (VFD) sulla pompa di circolazione. La regolazione VFD è normalmente efficace dal punto di vista economico salvo negli impianti molto piccoli.

Figura 5 – Schema di impianto con circuiti primario-secondario

Da notare che lo standard ASHRAE 90.1 richiede l’applicazione del VFD su tutte le pompe di acqua refrigerata con potenze superiori a 5 HP.
Il sistema VFD è controllato con un sensore di pressione differenziale (DP) posizionato vicino alla batteria più distante in modo che il punto di taratura del DP possa essere il minore possibile.
L’eventuale applicazione del sensore vicino alla pompa richiede un elevato punto di taratura del DP ed elimina la maggior parte dei risparmi energetici ricavati dal VFD. Le valvole a tre vie dovrebbero essere posizionate vicino al chiller se la pompa é munita di VFD per avere il minimo consumo di energia.
Se le valvole vengono applicate a grande distanza si viene ad avere una maggiore portata nei punti estremi dell’impianto con relativo aumento della pressione e della portata della pompa. L’unica eccezione a questa regola si ha quando le valvole a tre vie devono essere posizionate in modo da interessare una quantità di acqua sufficiente per mantenere il minor volume di acqua necessario per evitare un ciclo ravvicinato di marcia-arresto.
Solo circuito primario con chiller multipli e batterie con carico uguale
Quando in un impianto ci sono diversi chiller, la loro graduazione può costituire un problema se la portata di acqua refrigerata ed il carico non coincidono e la regolazione avviene con delle valvole a tre vie. Consideriamo, infatti, lo schema di impianto della Figura 3.
Quando l’impianto funziona vicino al 100% di carico, le sue prestazioni sono soddisfacenti dato che sia i chiller che le pompe sono in pieno funzionamento. Tuttavia, l’impianto può presentare dei problemi nei momenti di carico ridotto secondo quali carichi avvengono sulle batterie.
Per esempio, supponiamo che l’impianto della Figura 3 abbia due chiller di uguali dimensioni e che siano collegati a due batterie anch’esse di uguali dimensioni, ciascuna delle quali serve un locale affollato. Se si avesse un carico in ciascun locale che sia superiore al 50%, l’impianto offrirebbe un buon funzionamento ed entrambi i chiller, con le loro pompe, funzionerebbero correttamente e ciascun locale riceverebbe la portata di progetto. Ma se si ha solo uno dei locali occupati e l’altro é vuoto, l’impianto, nel suo insieme, verrebbe ad avere un carico inferiore al 50% per cui, in teoria, sarebbe sufficiente avere un solo chiller e una pompa in funzione.
Tuttavia, la batteria che serve il locale vuoto viene alimentato ancora con la piena portata che, però, viene bypassata alla sua uscita. Se l’impianto funziona con un solo chiller e una sola pompa, esso avrà una capacità sufficiente per il chiller per il carico presente, ma non potrà soddisfare la richiesta di portata e la batteria che serve il locale occupato viene a trovarsi con con una scarsa quantità di acqua.
Per evitare questo problema, entrambe le pompe devono restare in funzione con un carico inferiore al 50%. Questo problema é una delle ragioni per cui i progettisti preferiscono adottare la regolazione della portata, come verrà discusso in seguito. Un tale tipo di impianto può funzionare correttamente solo fino a quando tutti i carichi delle batterie tendono a variare nella stessa proporzione, cioè se tutte le batterie servono delle occupazioni simili dei locali.

Figura 6 – Schema di impianto con distribuzione secondaria

Per esempio, se le batterie si trovano al disotto del 50% di carico ed é in funzione un solo chiller con la sua pompa in modo che tutte le batterie sono in grado di soddisfare il loro carico. In questo modo l’impianto diventa un sistema con portata quasi variabile in cui i chiller e le pompe possono essere regolati a gradini.
Inoltre, poiché i carichi variano in modo simile, la temperatura dell’acqua refrigerata può essere tarata in modo aggressivo tale da permettere all’impianto di avere la stessa efficienza di uno che é munito di una effettiva variazione della portata, come si vedrà in seguito.
Questo tipo di impianto costituisce una scelta ragionevole per piccole applicazioni con poche batterie che servono dei carichi simili. Esso é semplice e poco costoso ed evita tutte le complessità degli impianti a portata variabile. Inoltre, i piccoli impianti come questo descritto sono normalmente a comando diretto con la conseguenza di non poter risparmiare molta energia della pompa.
Lo standard ASHRAE 90.1 permette questo approccio solo per impianti con tre batterie o meno e con una pompa di potenza inferiore a 10 HP.
Impianti con solo circuito primario e variazione di portata e con circuiti primario-secondario
L’applicazione della Tabella 1 è, probabilmente, quella più comune. Essa si applica agli impianti che servono molte piccole batterie (oppure poche batterie con carichi disuguali) e con più di un chiller. In questo caso viene raccomandato uno dei due tipi indicati, cioè quello con unico circuito primario e variazione di portata (Figura 4) oppure quello con circuiti primario-secondario (Figura 5).
Entrambi gli impianti presentano vantaggi e svantaggi che sono riportati nella Tabella 2.

Tabella 2 – Vantaggi e svantaggi dell’impianto a solo circuito primario e dell’impianto con circuiti primario-secondario

  • Vantaggi con il solo circuito primario Svantaggi con il solo circuito primario
  • Minore costo iniziale
  • Minore spazio richiesto all’impianto
  • Ridotta potenza di picco della pompa
  • Minore consumo annuale di energia dell’impianto
  • Complessità del controllo del bypass
  • Complessità di graduazione dei chiller

Gli impianti con il solo circuito primario sono sempre i più economici e usano minore spazio rispetto a quelli con circuiti primario-secondario e con comando a velocità variabile. Inoltre gli impianti a circuito primario consumano minore energia delle pompe rispetto a quelli tradizionali con circuiti primario-secondario.
Il risparmio energetico delle pompe è dovuto ai seguenti fattori:

  • Riduzione della pressione statica dovuta all’eliminazione della serie extra di pompe con relative tubazioni e accessori (valvole di intercettazione, filtri, valvole di ritegno, ecc.). Le pompe sono più efficienti. Infatti, le pompe del circuito primario nell’impianto con circuiti primario-secondario risultano meno efficienti a causa della loro forte portata e basse pressione statica. Ciò può essere mitigato in parte impiegando pompe più grandi funzionanti a velocità più bassa, ma con un aumento del costo iniziale.
  • Adozione della portata variabile negli evaporatori, che permette alla portata di ridursi al disotto del valore di progetto fino ad un minimo prescritto dal fabbricante del chiller.
Figura 7 – Schema di impianto con circuito primario e batteria secondaria

Il sistema VFD può essere aggiunto alle pompe del circuito primario dei circuiti primario-secondario e controllato in modo da ridurre la portata secondaria fino al valore minimo ammissibile nel chiller ma con un aumento dal costo iniziale e più complessità di controllo.
Il minor costo di energia ed il minor costo iniziale dell’impianto con solo circuito primario lo rende spesso come la scelta più facile in confronto con l’impianto con circuiti primario-secondario, ma il sistema presenta due notevoli svantaggi.

Complessità del controllo del bypass
Come si può vedere nella Figura 4, é prevista una valvola di bypass per assicurarsi che vengano mantenute delle portate minime di acqua attraverso i chiller in funzione. Questa valvola deve essere controllata automaticamente in base alla portata, impiegando a tale scopo un misuratore posto sul circuito primario oppure mediante dei sensori della pressione differenziale esistente nel chiller e collegata alla portata. Il misuratore di portata è più costoso ma è più facilmente adattabile al calcolo del carico dell’impianto, che è necessario per effettuare una parzializzazione ottimale del chiller. La scelta della valvola di controllo del bypass e la equilibratura del circuito di controllo risultano alle volte difficili a causa della forte variazione della pressione differenziale attraverso la valvola stessa, causata dal suo posizionamento vicino alle pompe. Infatti, la valvola deve essere abbastanza grande da bypassare la portata minima di portata nel chiller con una perdita di carico ridotta al minimo equivalente al punto di taratura della pressione differenziale usata per controllare la VFD della pompa dell’acqua refrigerata. Ciò avviene per il fatto che, se solo poche valvole sono aperte in questo sistema, il valore della pressione nel punto ove è posizionato il sensore PD sarà quello disponibile nell’impianto, poiché si ha una ridotta perdita di carico fra i due punti a causa della bassa portata.
Tuttavia, questa scelta rende la valvola sovradimensionata nel caso di altri scenari di portata che si possono verificare e che rendono difficile la taratura. Se il circuito di controllo diventa instabile, la mandata dell’acqua refrigerata può essere fatta passare al circuito di ritorno in modo intermittente e provocare una fermata del chiller a causa del basso carico e della bassa temperatura dell’acqua di mandata.
Se, invece, il circuito di controllo é troppo lento, esso può non rispondere abbastanza rapidamente a delle variazioni improvvise della portata (p.e. quando una gran parte delle centrali di trattamento viene fermata nello stesso tempo), provocando una portata insufficiente nei chiller e fermandoli per poca portata o bassa temperatura.
I sistemi di controllo più complessi possono essere soggetti a guasti per cui, ad un certo punto del loro ciclo di vita, ci si può aspettare un guasto anche nel controllo del bypass. Una tale evenienza può causare delle fermate del chiller con relativa necessità di un intervento manuale e, se l’operatore é assente, l’impianto può rimanere fermo per qualche tempo.

Figura 8 – Schema di impianto ibrido con circuito primario, batteria secondaria e circuiti primario-secondario

Complessità della graduazione di controllo
Quando si hanno uno o più chiller in funzione e un altro chiller viene avviato mediante l’apertura improvvisa della sua valvola di intercettazione (oppure viene avviata la sua pompa), la portata d’acqua attraverso i chiller già in funzione viene ad essere ridotta di colpo.
La ragione di questo fenomeno è semplice: la portata è determinata dalla richiesta delle batterie ad acqua refrigerata dei terminali che sono controllate dalle loro valvole di regolazione.
L’avviamento di un altro chiller non crea un aumento della portata richiesta per cui la portata tende a suddividersi fra le macchine già in funzione. Se ciò avviene in modo improvviso, la riduzione della portata provoca la pendolazione dei chiller già in funzione. Per effettuare la graduazione (o parzializzazione) dei chiller senza creare una fermata, i chiller attivi devono essere prima di tutto scaricati temporaneamente (con un limite di richiesta oppure aumento del punto di taratura), dopodiché la portata attraverso il nuovo chiller deve essere fatta aumentare lentamente mediante una lenta apertura della sua valvola di intercettazione. Dopo questa manovra, tutti i chiller possono essere portati a pieno carico come richiesto.
Durante la manovra di parzializzazione, le temperature dell’acqua refrigerata tendono un po’ a salire ma ciò non costituisce un grosso problema nelle applicazioni di condizionamento d’aria mentre può esserlo in alcune applicazioni industriali.
In base alle suddette considerazioni, gli impianti a solo circuito primario sono i più adatti per le seguenti applicazioni:

  • Impianti con molti chiller (più di tre) e con carichi di base molto elevati, come si può trovare in una applicazione industriale o di un data-center. Per questi impianti, la necessità di applicare il bypass non é impellente o é addirittura nulla a causa dei carichi di base elevati e le fluttuazioni della portata durante la parzializzazione sono ridotte grazie al gran numero di chiller.
  • Impianti in cui i tecnici progettisti ed i futuri operatori sono in grado di conoscere la complessità de controlli e la necessità di eseguire la corretta manutenzione.
  • Gli impianti a circuiti primario-secondario possono essere una scelta migliore per gli edifici in cui diventa essenziale avere un funzionamento in tutta sicurezza oppure se il personale che li gestisce non é all’altezza o non esiste del tutto.

Circuito primario con distribuzione secondaria
Per quanto riguarda gli impianti che servono dei gruppi con grandi carichi quali gli edifici di un campus universitario, oppure i terminali in un aeroporto, ecc., il sistema a circuito primario con distribuzione secondaria, é di solito, la migliore soluzione (Figura 6).
Le pompe secondarie della centrale frigorifera sono eliminate e vengono aggiunte delle pompe a velocità variabile che servono ciascun edificio. Queste pompe sono controllate da sensori di pressione differenziale posizionati presso la batteria più distante in ciascun edificio.
Le pressioni statiche di queste pompe sono fissate dalla perdita di carico esistente nel circuito della centrale dell’edificio, quindi attraverso i terminali dell’edificio e, infine, dal ritorno alla centrale lungo la linea comune.
I vantaggi di questo sistema, in confronto ai sistemi tradizionali a circuiti primario-secondario e circuiti primario-secondario-terziario comprendono:

  • La potenza complessiva delle pompe viene diminuita. Con il sistema tradizionale, la pressione delle pompe secondarie in centrale deve essere prevista per servire l’edificio più distante (30 m c.a. o 300 kPa), mentre le pompe secondarie di distribuzione in ogni edificio vicino alla centrale possono funzionare con pressioni molto più basse (15 m c.a. o 150 kPa).
  • L’impianto è auto-equilibrato per la presenza dei controlli di velocità sulle pompe secondarie. Non c’è alcuna necessità di strozzare la pressione negli edifici più vicini e la portata si auto-regola nel tempo man mano che vengono aggiunti altri edifici al circuito idraulico.
  • Viene eliminata la sovrapressurizzazione delle valvole di controllo posizionate vicino alla centrale. In presenza di grandi impianti con elevata pressione secondaria, queste valvole devono funzionare con una eccessiva pressione differenziale, che può causare la riduzione della controllabilità e può altresì forzare attraverso la valvola se non si ha una pressione sufficiente di chiusura.
  • L’energia della pompa viene ridotta poiché si è in presenza di pompe fabbricate appositamente per la pressione richiesta e si ha un controllo più preciso con il comando a velocità variabile. In un impianto tradizionale a circuiti primario-secondario, le pompe secondarie in centrale sono controllate solitamente in modo da mantenere la pressione differenziale all’entrata dell’edificio più distante. Di conseguenza, il punto di taratura deve essere maggiore di quello che si ha nel sistema con pompe di distribuzione, che viene controllato dalla pressione differenziale esistente nel terminale più lontano in ciascun edificio. In caso di carico parziale le pompe possono funzionare a velocità più basse.
  • Negli impianti con circuiti primario-secondario-terziario le pompe del terziario sono collegate, in genere, con un ponte e con una valvola di regolazione a due vie. Il controllo del ponte è sempre difficile e, se eseguito in modo errato, provoca spesso un degrado del ΔT. Con questo sistema di pompaggio distribuito, vengono invece eliminati i collegamenti a ponte.
  • L’impianto risulta meno costoso, più efficiente energicamente e con minori costi di manutenzione rispetto agli impianti con circuiti primario-secondario-terziario.

Gli svantaggi comprendono:

  • La necessità di aumentare la pressurizzazione del serbatoio di espansione, in modo da mantenere una pressione di aspirazione positiva nelle pompe degli edifici, se le stesse sono posizionate in cima agli edifici del campus. Ciò, però, costituisce soltanto un impatto ridotto sul costo del serbatoio di espansione.
  • Gli impianti con circuiti primario-secondario-terziario sono, di solito, più costosi rispetto ai tradizionali impianti con circuiti primario-secondario poiché é maggiore il numero delle pompe e occorre avere più spazio a disposizione per alloggiarle in ciascun edificio.

Circuito primario e batterie secondarie
Se si hanno impianti che sono muniti di singole grandi centrali di trattamento d’aria, l’impiego di pompe di distribuzione secondaria con comando a velocità variabile costituisce, di solito, la soluzione migliore (Figura 7). I vantaggi di un simile sistema di distribuzione dell’acqua refrigerata, in confronto ad un impianto con circuiti primario-secondario comprendono:

Riduzione della potenza delle pompe collegate
Ciò è dovuto in parte al fatto di avere fissata già in fabbrica la pressione prevista per ogni pompa ma anche perché è stata eliminata la valvola di regolazione. Le valvole di regolazione a due vie sono, di solito, scelte per una perdita di carico a piena apertura compresa fra 27,5 e 34,5 kPa, ovvero per un valore medio di 30 kPa, il che offre un notevole risparmio di energia.
Il sistema è auto-equilibrante. Non c’è alcuna necessità di installare delle valvole di equilibratura di qualsiasi genere e neppure si ottiene alcun vantaggio al ricorrere ad un sistema auto-equilibrante quale può essere una disposizione a ritorno invertito.
L’energia delle pompe è notevolmente inferiore con questo sistema e ciò è dovuto soprattutto al fatto che si ha una ridotta pressione della pompa ma anche perché non c’è alcuna necessità di mantenere un valore minimo della pressione differenziale nell’impianto come invece si ha con le pompe secondarie tradizionali. A causa di questo valore minimo di DP e della strozzatura provocata dalle valvole di regolazione parzialmente chiuse, le pompe secondarie tradizionali non sono in grado di seguire la curva teoricamente parabolica del sistema. Di conseguenza, l’efficienza delle pompe diventa, in genere, più ridotta, in particolar modo con bassi carichi. Con l’adozione di pompe a velocità variabile, non ci sono più valvole di regolazione oppure un minimo DP per cui la loro efficienza rimane pressoché costante.
Grazie all’eliminazione delle valvole di regolazione e alla minore energia delle pompe, questo sistema può offrire anche dei costi inferiori rispetto al sistema a circuiti primario-secondario-terziario ma è, di solito, più costoso di quello a circuito primario unico. Le valvole di regolazione possono essere considerate come dei freni di una vettura, con le pompe agenti come motori; dal punto di vista energetico, non risulta ragionevole dover premere sia i freni che i pedali dell’acceleratore nello stesso tempo, ma ciò è effettivamente quello che avviene con le valvole di regolazione. Dal punto di vista delle pompe, questo sistema risulta effettivamente ideale poiché non ha freni.
Sfortunatamente, esistono anche alcuni svantaggi in questo sistema, di cui bisogna tener conto. In primo luogo, tutte le batterie (terminali) devono essere munite di una pompa. Se una batteria viene ad essere collegata al circuito secondario senza la pompa, la portata di acqua che deve attraversarla viene ad essere in senso contrario e cioè dal ritorno alla mandata. Nel caso di un edificio che abbia una varietà di piccole e grandi batterie, le pompe adibite a quelle piccole vengono ad essere probabilmente di tipo costoso a multistadio. Un altro svantaggio è costituito dalla maggiore esposizione a dei guasti del macchinario. Infatti, una valvola di regolazione è estremamente affidabile, mentre sia la pompa che il controllo VFD sono più propensi ad avere dei guasti. Le pompe di tipo duplex potrebbero essere impiegate per migliorare la condizione di riserva ma il loro costo è proibitivo nella maggior parte dei casi. La giusta filosofia consiste nel fornire lo stesso livello di riserva come per il resto dell’impianto. Per esempio, se la centrale di trattamento dell’aria è munita di un unico ventilatore, allora è ragionevole installare un’unica pompa.
Nel caso di applicazioni più pratiche si può considerare l’installazione di pompe di riserva oppure adottare un sistema di distribuzione alternativo. Per far in modo di rendere più efficiente questo sistema, le batterie devono essere di grandi dimensioni a causa della intrinseca bassa efficienza delle piccole pompe, in particolare di quelle a bassa portata e elevata pressione.
Per esempio, una pompa tipica con pressione di 180 kPa avrà una efficienza di circa il 30% con una portata di 1,3 L/s, del 50% con 3,2 L/s, del 60% con 10,3 L/s e del 70% con 12,6 L/s. Questa è la ragione per cui questo sistema è raccomandato solo per le batterie che siano alimentate con portate maggiori di 6,3 L/s, come si può vedere nella Tabella 1.
Questo limite di portata é ovviamente una indicazione approssimativa poiché l’efficienza può variare in un vasto campo di portata ma non deve scendere al disotto di 6,3 L/s.
Se un progetto comprende delle batterie sia piccole che grandi, allora è possibile adottare un sistema ibrido completo sia di pompe di distribuzione sulle batterie come pure di pompe secondarie tradizionali collegate, se possibile, alle piccole batterie.
Come esempi di un sistema di impianto ibrido vedere la Figura 8.

Conclusioni
Questo lavoro è il primo di una serie di cinque altri dedicati alla tecnica della progettazione della distribuzione di acqua refrigerata e che tende ad aiutare i tecnici progettisti ad ottimizzare il più possibile la progettazione degli impianti e la loro regolazione senza ricorrere a particolari lavori di ingegneria.
A questo scopo sono state presentate tabelle e figure che permettono ai progettisti di scegliere il sistema di distribuzione dell’acqua refrigerata “più ottimale” essendo basato sulla sua applicazione senza dover ricorrere ad alcun rigoroso e costoso ciclo di vita oppure ad una approfondita analisi.

Bibliografia:
Steven T. Taylor – “Optimizing Design & Control of Chiller Water Plants”, ASHRAE Journal, Luglio 2011