Le alternative agli idrofluorocarburi (HFC) in Italia – Uno studio dell’ISPRA

Nel 2014 è entrato in vigore il Regolamento UE n. 517/2014 detto anche Regolamento F-gas, avente come obiettivo la riduzione del 79% delle emissioni dei gas fluorurati ad effetto serra entro il 2030. Il Regolamento prevede il calo progressivo delle quantità di F-Gas (HFC), espresse in ton di CO2 equivalente, immesse nel territorio dell’Unione Europea e una serie di ulteriori misure, tra cui il divieto di immissione in commercio di specifici prodotti e apparecchiature di HFC con potenziale di riscaldamento globale superiore a determinati valori. Tali disposizioni stanno mutando radicalmente il mercato di queste sostanze e spingendo i settori e gli addetti ai lavori che le utilizzano ad adottare specifici misure al fine di mantenere fede ai vincoli normativi.

Anche l’Italia si trova coinvolta in questo processo di adeguamento e una comprensione sullo stato di utilizzo degli HFC a livello nazionale e per settore, insieme alla conoscenza di come il mercato italiano sta rispondendo al Regolamento, è utile al fine di individuare sia le criticità che gli attori coinvolti stanno incontrando sia anche le eventuali opportunità che possono scaturire da questi cambiamenti per il sistema Paese.

A questo scopo ISPRA ha realizzato uno studio da poco pubblicato dal titolo „Studio sulle alternative agli idrofluorocarburi (HFC) in Italia“, un documento molto importante e interessante perché è una prima ricognizione a livello nazionale sullo stato di utilizzo degli HFC per settore di applicazione, comprese le possibili alternative. Da tale studio sono emerse diverse criticità in relazione alla disponibilità dei dati necessari per delineare un primo stato dell’arte del Sistema Paese. In merito alle alternative agli HFC, vengono confermati anche per l’Italia gli scenari internazionali per settore, sia nel breve-medio periodo (5 -10 anni) che nel lungo periodo. Per il breve periodo si sta già assistendo, alla graduale sostituzione degli idroflurocarburi con GWP più elevato, ossia a maggior effetto serra, con altri a GWP inferiore, quindi meno dannosi per l’ambiente. Nel lungo periodo gli HFC tenderanno invece a essere sostituiti dai refrigeranti naturali (anidride carbonica, ammoniaca e idrocarburi in primis) e/o da refrigeranti sintetici di ultima generazione, le idrofluoroolefine, tutte alternative caratterizzate da un bassissimo o nullo effetto serra.

Qui di seguito alcuni aspetti trattati nello studio in questione che è liberamente disponibile QUI

Andamento del phase down – La riduzione scaglionata nel tempo delle quantità di HFC immesse in commercio sta subendo delle accelerazioni rispetto alla tempistica prevista sulla base delle prescrizioni del Regolamento, non solo per effetto della normativa, ma anche per dinamiche di mercato esterne. Le strategie di paesi produttori di materie prime che incidono sulla disponibilità di tali sostanze e rincari di prezzi degli HFC a GWP più elevato, con tassi di crescita molto più alti di quelli previsti in base alle normali logiche di mercato, stanno mettendo in crisi l’approvvigionamento di HFC di interi settori e di fatto accelerando la transizione ai refrigeranti naturali e/o alle idrofluroroolefine.

Non più una sola soluzione per tutti – Le alternative praticabili non sono però percorribili nella

Principali HFC utilizzati nella refrigerazione commerciale negli anni 2013, 2014, 2015 e comunicati con dichiarazione F gas. (Elaborazione dati ISPRA). Cliccare per ingrandire.

stessa maniera per i diversi settori, e per esigenze e per criticità diverse. Mentre il passaggio a HFC a minore GWP nelle macchine esistenti non costituisce un problema, la migrazione a refrigeranti naturali e idrofluoroolefine ha spostato l’attenzione dal GWP a nuove problematiche, legate alle caratteristiche intrinseche delle nuove sostanze, all’efficienza di prestazione delle macchine e alla fattibilità tecnico economica delle alternative. I refrigeranti naturali a differenza dei fluidi sintetici tradizionali presentano infatti problemi di sicurezza legati alla tossicità (ammoniaca), all’infiammabilità (HC ma anche HFO), alla corrosività (con incompatibilità dei fluidi con alcune leghe come il rame e le plastiche) o a pressioni di lavoro molto elevate (CO2). La sostituzione di un refrigerante con una nuova sostanza può determinare cali di efficienza energetica delle macchine che mal si accordano con un quadro normativo sempre più severo in materia di eco design. Inoltre mentre in alcuni casi è possibile la sostituzione di una sostanza apportando solo piccole modifiche, in altri gli interventi necessari possono essere massicci fino a richiedere la riprogettazione e la sostituzione totale delle macchine con un aggravio dei costi non sempre sostenibile.

Nel settore della refrigerazione domestica si è già assistito alla migrazione ai refrigeranti naturali. Tutti i frigoriferi domestici utilizzano da tempo l’isobutano come fluido frigorigeno. Nel campo della refrigerazione commerciale le alternative possibili dipendono dalla taglia e dal tipo di sistema. Per le unità stand alone gli idrocarburi (propano) sono l’alternativa ad oggi possibile così come la tecnologia a CO2  transcritica sembra rappresentare la principale soluzione futura per gli impianti di taglia maggiore, quali i sistemi centralizzati. Per la fascia intermedia, costituita dalle unità a condensazione, problemi di sicurezza non rendono sempre possibile l’uso di alternative infiammabili come gli HC o le HFO, mentre gli alti costi di investimento richiesti per questa fascia di potenza non rendono la CO2una alternativa facilmente praticabile. Al momento sono disponibili solo alternative costituite da HFC a minore GWP (nuove miscele con GWP intorno a 600 sono state formulate e messe in commercio).

Il condizionamento – Problemi sono stati segnalati anche dal comparto del

Principali HFC utilizzati nel condizionamento negli anni 2013, 2014, 2015 e comunicati con dichiarazione F gas. (Elaborazione dati ISPRA)
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condizionamento, potenzialmente in forte espansione con una domanda crescente alla quale sono legati produzione, occupazione e investimenti. Il comparto sta soffrendo l’aumento sproporzionato dei prezzi e la minor disponibilità di gas refrigeranti HFC impiegati per il funzionamento di climatizzatori e pompe di calore. Poiché per le macchine di potenza intermedia non vi sono ancora soluzioni alternative agli HFC, la loro scomparsa anticipata dal mercato è in grado di mettere in crisi l’intero settore.

Made in Italy anche nella refrigerazione – Sul mercato globale il nostro Paese risulta leader nella progettazione di tecnologie alternative agli HFC. A differenza dei competitor internazionali che producono in scala, il made in Italy riesce a progettare tecnologie alternative ad hoc, studiate sulle esigenze del cliente e delle condizioni locali. L’Italia in particolare è leader nella produzione di chiller per aria condizionata e refrigerazione e nelle tecnologie per la produzione di poliuretano; nei sistemi fissi antincendi detiene diversi brevetti per agenti inerti e gas chimici.

Ricerca e Sviluppo – La necessità di rispondere alle prescrizioni normative ha dato un forte impulso alla ricerca di nuove sostanze a basso impatto ambientale e di nuove tecnologie capaci di utilizzare i fluidi emergenti mantenendo inalterate o migliorando le prestazioni energetiche delle macchine. La ricerca in Italia si focalizza sulla progettazione di nuove tecnologie e non sulla produzione di sostanze refrigeranti. L’Italia partecipa a diversi progetti che vedono il coinvolgimento sia del mondo accademico che del mondo imprenditoriale sulla base di finanziamenti che provengono soprattutto dall’Europa.

La formazione professionale– La manipolazione di nuove sostanze spesso tossiche, infiammabili o con pressioni di lavoro molto elevate richiede personale tecnico preparato. È necessario quindi che gli operatori che svolgono attività di installazione, manutenzione, assistenza ad impianti e che manipolano le nuove alternative acquisiscano competenze specifiche, tramite corsi di formazione professionale mirati. In Italia i corsi di formazione non sono sufficienti per sostenere il processo di sostituzione dei refrigeranti tradizionali, non coprono in maniera omogenea tutte le nuove alternative e non hanno una distribuzione omogenea nel territorio. Alla conseguente carenza di progettisti e tecnici preparati, si accompagna anche la difficoltà nel reperite personale docente da formare sulle tecnologie e sui fluidi alternativi.

Il documento dell’ISPRA, da cui è stato estratto questo testo, è disponibile QUI