IL FUTURO DELLA CLIMATIZZAZIONE E I GAS NATURALI

Davide Sabbadin, responsabile efficienza energetica e F-gas Policy Officer di Legambiente

Il convegno nazionale organizzato da Assofrigoristi e Legambiente, tenutosi settimana scorsa a Roma, si è occupato anche delle possibilità di utilizzo di refrigeranti naturali nel settore della climatizzazione e delle pompe di calore. «Ci è sembrato opportuno dedicare un momento di approfondimento tecnico e legislativo a questo settore perché sembra essere quello che incontra le difficolta maggiori nell’attuazione del regolamento sui gas fluorurati. Come Legambiente riteniamo fondamentale fare informazione sulle alternative sostenibili esistenti in questo campo proprio perché questo sarà il segmento maggiormente responsabile di consumi energetici e utilizzo di refrigeranti nel futuro» afferma Davide Sabbadin, responsabile efficienza energetica e F-gas Policy Officer di Legambiente. Una dichiarazione che è in linea con quanto reso noto dal recente rapporto dell’IEA – International Energy Agency – dal titolo The future of Cooling  – in cui tra l’altro si riconosce che “la crescente domanda di condizionatori d’aria è uno dei punti più critici nel dibattito odierno sull’energia e che definire elevati parametri di efficienza per il raffrescamento ambientale è uno dei passi di più facile realizzazione per ridurre il consumo energetico globale e contemporaneamente tagliare le emissioni di COe ridurre i costi”.

Nella sua presentazione Sabbadin evidenzia alcune problematiche di cui oggi il settore del condizionamento soffre nel momento di cambiamento in cui ci si trova. Tra esse: la difficoltà nell’affermazione di tecnologie a refrigeranti più sostenibili, quali gli idrocarburi; l’inconsapevolezza da parte degli utenti finali del significato ambientale del refrigerante di cui sono caricati gli apparecchi e della necessita di una sua gestione corretta e professionale; la mancanza formazione dei tecnici, sia sulle nuove tecnologie sia sul corretto riciclo e recupero dei refrigeranti a fine vita apparecchio, in modo che questi non vengano persi nell’aria. Ma soprattutto sono due, secondo Sabbadin, sono i punti fondamentali da ottenere in un futuro prossimo:

  • la necessità di creare un consorzio e una filiera per recupero, riciclo e distruzione dei refrigeranti, collegata ad una precisa mappatura degli apparecchi in circolazione e quindi del refrigerante sul mercato. Questo permetterebbe anche un controllo preciso del refrigerante circolante sul mercato e limiterebbe notevolmente il rischio di perdite in atmosfera. Potrebbe poi essere l’occasione per introdurre una tassa da destinare al fine vita degli apparecchi che non ricada sul cittadino ma che si basi sul principio generale che chi inquina paga.
  • la modifica del sistema degli incentivi (ecobonus/conto termico) che ampli il concetto di sostenibilità, applicandolo non solo all’efficienza energetica ma al refrigerante a bordo macchina e alle modalità di gestione e installazione, che dunque si allarghi verso sistemi che usino refrigeranti a basso GWP e installati da professionisti formati.

Refrigeranti naturali per il settore AC e pompe di calore: uno sguardo al mondo Quali possano essere le alternative sostenibili per il settore del condizionamento e delle pompe di calore? Secondo dati presentati da Klara Skacanova di Shecco, nel settore degli split residenziali si osserva una tendenza da parte di alcuni dei maggiori produttori mondiali – Cina e India – verso l’utilizzo di idrocarburi. In India sono già state installate più di 500.000 a propano e il maggior attore del mercato – Godrej Appliances – vuole ora spingere l’esportazione dei propri apparecchi a idrocarburi anche nei paesi vicini e possibilmente nella UE. Anche in Cina vi è un forte impegno verso questo refrigerante. Alcune linee produttive sono state già convertite agli idrocarburi e vi è oggi un potenziale produttivo di oltre 6 milioni di unità all’anno. Un dato particolarmente significativo questo, perché la Cina è il maggior produttore di apparecchi domestici per il condizionamento. L’affermazione sul mercato di apparecchia a idrocarburi è ancora relativamente bassa – meno di 10.000 unità installate in Cina – ma vi sono segnali che indicano che in breve il mercato potrebbe subire un radicale cambiamento di rotta.

In Europa il settore dei condizionatori residenziali portatili si sta spostando definitivamente verso gli idrocarburi, grazie soprattutto al regolamento F-gas che vieta l’uso in questo settore dal 2020 di refrigeranti con GWP maggiore di 150.

Per le pompe di calore è soprattutto la COche si sta affermando per la refrigerazione senza HFC. In Giappone in particolare pompe di calore per l’acqua sanitaria sono quasi tutte a CO2. Ve ne sono installate oltre 6 milioni di unità e ci si aspetta di arrivare a 10 milioni di unità installate nel 2020. L’adozione di pompe di calore ad HC o COin Europa è ancora agli inizi.

Per il condizionamento commerciale gli idrocarburi in Europa si stanno facendo strada ora, grazie alla crescente offerta di alcune aziende, tra cui anche alcuni nomi italiani. Le poche installazioni già esistenti mostrano un risparmio nei costi di freddo e caldo fino al 50% e un COP che varia da 4 a 10. Non solo propano in questo caso, bensì propene e carichi inferiori a 5 Kg fanno bella mostra di sé ad esempio in alcune applicazioni in Olanda

In Italia METRO  Cash & Carry ha installato due chiller a propano per il raffrescamento nei mesi estivi e un lavoro di sotto-raffreddamento  del gas cooler del sistema transcritico. Infine Skacanova analizza le barriere che ancora vi sono alla maggiore affermazione di sistemi HFC-free nel condizionamento e nelle pompe di calore. Diverse sono le barriere, ma in particolare se ne citano due:

  • la mancanza di confidenza da parte degli installatori nel gestire refrigeranti che conoscono poco;
  • la presenza di standard che talora addirittura prevengono l’installazione di sistemi con questi refrigeranti.

Maggiore impegno da parte degli Stati Membri

Tim Grabiel, senior avvocato della ong EIA  – Environmental Investigation Agency – afferma: «Quello del 2018 è la prova del nove del regolamento F gas. e sicuramente il passaggio che pone il settore davanti alle maggiori difficolta ed è anche il banco di prova per vedere come reagisce il mercato al nuovo regolamento». Gli effetti di questo 2018 già li conosciamo:

  • drastica riduzione delle quote;
  • alcuni produttori hanno annunciato di non vendere più in Europa refrigeranti ad alto GWP;
  • aumento drastico dei prezzi di alcuni HFC in Europa
  • difficoltà nell’approvvigionamento di alcuni refrigeranti

«In realtà il phase down sta funzionando esattamente come ci si aspettava» afferma Grabiel ma indubbiamente questa nuova situazione pone il settore di fronte ad alcune sfide, sia di natura strategica che di ottimizzazione.

Anche Grabiel, come prima di lui Sabbadin e Skacanova, riconosce la necessità di modificare gli standard, aumentare il training professionale su come gestire i nuovi refrigeranti e aumentare la consapevolezza tra gli end-userdi tutte le possibilità offerte dalla refrigerazione HFC-free. Ma – aggiunge – è fondamentale che gli Stati membri si impegnino maggiormente ad implementare quanto devono implementare: legislazioni, modalità di formazione professionale e non da ultimo creazioni di filiere per il riciclo e il recupero dei refrigeranti.

Gli Stati membri dovrebbero collaborare per aumentare l’accettanza e la disponibilità di refrigeranti alternativi e impegnarsi in programmi di formazione professionale, dare incentivi per le soluzioni alternative e promuovere un green public procurementanche per la refrigerazione sostenibile, affinché la transizione che oggi il settore deve affrontare sia completa verso le soluzioni più sostenibili possibili e non rimanga invece una transizione verso mezze soluzioni.

I refrigeranti naturali in Italia

Perché le applicazioni dei refrigeranti naturali in Italia non decollano, nonostante il Bel Paese abbia aziende con grande competenza con queste tecnologie? «Il mondo italiano della refrigerazione funziona ancora in A1» afferma Marco Masini direttore operativo di Assofrigoristi.  Da una analisi condotta dalla Associazione tra 800 aziende distribuite su tutto il territorio, risulta chiaramente che i refrigeranti di gran lunga in uso sono ancora gli HFC tradizionali – R410A, r134a, R404A, etc. Ma questo è spiegabile: «Nel Paese vi è sostanzialmente assenza di programmi di formazione specifica e di centri di formazione. Molte aziende fanno formazione sulle proprie macchine ma si tratta di eventi distribuiti a macchia di leopardo e assolutamente insufficienti per creare una classe di frigoristi formata a livello nazionale». Per questo Assofrigoristi lavora da tempo per raggiungere alcune delle priorità che ritiene oggi fondamentali:

  • creare centri di formazione “terzi”, ovvero slegati da aziende specifiche e focalizzati sulla formazione su CO2e refrigeranti infiammabili;
  • formare giovani studenti sui refrigeranti infiammabili e naturali, realizzando uno standard formativo per le scuole basato sulla EN13313;
  • spingere il mercato alla adozione della EN13313.
Refrigeranti in uso nelle 800 aziende che hanno partecipato alla indagine di Assofrigoristi

In questa norma infatti vi sono anche i requisiti che un tecnico frigorista deve avere per lavorare con i refrigeranti naturali, anche infiammabili. Lavorare e certificarsi secondo questa norma, abolirebbe il bisogno di qualunque altro patentino o certificazione. «In essa vi è descritta e specificata tutta la competenza che deve avere un frigorista» afferma Masini Eppure, l’indagine condotta da Assofrigoristi mostra che ben pochi sono a conoscenza della sua importanza e dei suoi contenuti.

Lo stesso discorso si potrebbe fare per la EN378, che Masini chiama “la norma dell’Arte” della professione del frigorista. In essa vi è specificato come si costruisce e gestisce un impianto frigorifero e una pompa di calore.  Secondo l’indagine citata precedentemente, il 61% degli intervistati non è a conoscenza del contenuto di questa norma

In termini di competenze, formazione, norme e certificazioni, Masini conclude: «Assofrigoristi  condivide totalmente la posizione della Commissione europea, secondo cui combinando queste due norme si ottiene un buon quadro giuridico di base per i requisiti di formazione e le competenze della professione. Non sono necessarie ulteriori norme, ma maggiore capacità di lavoro e le giuste competenze».